Under Pressure

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    Avevo fatto male i calcoli. A quanto pare, sebbene mi costi ammetterlo, mi ero sopravvalutato.
    Erano passati dodici giorni, tredici ore e quattro minuti da quando avevo salutato Zoe in quel bar.
    Non l'avevo più rivista da allora. Come era nei piani. E non dovevo assolutamente vederla finchè non avesse messo apposto tutta la situazione, ovvero finchè non fosse venuta lei da me. Ma erano passate quasi due settimane e lei non si faceva viva.
    Era fuori esclusione che lei non volesse vedermi. Lei voleva sempre vedermi, sia per affetto che per bisogno. E a volte temevo più per bisogno che per altro.
    Era decisamente provato quanto Zoe fosse incapace di far qualcosa senza di me: non che mi fosse dipendente, ma le piaceva avermi a fianco per qualsiasi cosa, anche la più stupida. Per esempio una volta mi aveva costretto a scegliere tra leggere un fumetto disney oppure uno giapponese.
    Si, me ne rendo conto, dentro Zoe doveve per forza esserci un angolino Nerd, ma per fortuna solo un angolino, potevo sopportarlo.
    Non potevo invece sopportare l'idea che anche io, in un certo senso, avessi bisogno della sua presenza per sentirmi..libero, il che è strano: non le avevo mai detto che in un modo o nell'latro con lei ero riuscito a respirare dell'aria libera.. si sarebbe montata la testa ed allora nemmeno i miei sguardi l'avrebbero trattenuta dal diventare un uragano di energia.
    Ma il suo andare in escandescenza sarebbe stato giustificato dall'importanza di una dichiarazione del genere che, nel mio caso particolare, era più sconvolgente ed esaltante di un semplice "ti amo".
    Le avessi detto "sei la mia libertà" sarebbe svenuta sul colpo. Esagerato? No, semplicemente la conosco bene e so quanto LEI possa essere esagerata.
    Sta di fatto che probabilmente in quel momento esatto non sarebbe nemmeno stato vero dirglielo. Perchè se ero scappato da quel bar, se l'avevo lasciata sola per cosi tanti giorni...era perchè era riuscita a soffocarmi.
    Tutte quelle domande senza senso, tutte quelle allusioni e frasi che non riuscivo a capire e che lei non voleva farmi capire.. mi sembrava di avere davanti una persona come tante, la sensazione era la stessa: mi sentivo chiuso, stretto in una morsa, imprigionato. E con Zoe non volevo sentirmi cosi.
    Camminavo lento avanti e indietro in quella linea di confine che avevo sorpassato due, tre volte. Sempre per lei, ovviamente. Sentivo già la presenza di qualche licantropo lì vicino,a controllarmi. Non mi stupiva il fatto che non mi attaccassero.
    Purtroppo per me, ero famoso da quelle parti non per la mia forza ma perchè mi conoscevano come il "compagno di Zoe Cox". Avevo quindi il via libera, in un certo senso.
    La cosa mi infastidiva, immensamente. Cosa avrei dato per provare il brivido di entrare a La Push senza permesso! Ma oramai non potevo più farlo.
    Cosi mi decisi, entrai nella riserva e presi a camminare tranquillo, senza guardare nè a dentra a sinistra, dove c'erano gli abitanti intenti a fissarmi alcuni con orrore, altri con disgusto ed altri ancora con rabbia.
    Continuai per la mia strada fino ad arrivare alla mia destinazione. Alzai un sopracciglio, storcendo il naso al sentire l'odore di Zoe confuso tra quello degli altri familiari. Erano in casa? Che palle. Sarei anche salito dalla finestra di Zoe, ma ero pur sempre un gentiluomo. Non con lei, ma con la sua famiglia mi piaceva darmi un certo tono e gonfiare lo stereotipo di vampiro elegantemente nobile e dall'aria macabra al punto giusto. Non che ci volesse molto.. tutti mi vedevano cosi senza che io mi sforzassi particolarmente.
    Bussai quindi alla porta una sola volta, tanto di sicuro avevan già sentito il mio odore e forse litigavano su chi sarebbe venuto ad aprirmi..

    « Vivo nella tua mente, nei tuoi pensieri, Zoe
    e non c'è posto migliore per me"»

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    Edited by ;steppa yang - 26/4/2011, 13:14
     
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    Da quanto tempo ero chiusa in quella stanza? Ormai avevo perso il conteggio dei giorni. Era parecchio, però, che non mangiavo. Per non parlare del sonno… da quanto non dormivo? Talvolta mi capitava di appisolarmi, ma, un attimo dopo, sentivo la sua risata riecheggiarmi nella testa. E, una volta aperti gli occhi… la trovavo lì, davanti a me. Conoscevo ogni singolo particolare del suo viso ora, ogni minima espressione… e quei ghigni, quei maledetti ghigni. Tutte le volte, vederla fare così era un colpo al cuore. Più di tutto, ciò che mi mancava era Des. Per quanto fossi ancora tremendamente infuriata con lui –e con me, soprattutto-, era davvero troppo tempo che non sentivo la sua voce, osservavo i suoi occhi, gustavo il suo profumo… eppure, tutto, intorno e dentro di me, mi impediva di andarlo a cercare. A fatica mi alzavo dal letto, a fatica giravo per quelle quattro pareti che componevano la mia stanza. Mi sentivo… dannazione, non riuscivo neanche a capacitarmi di come esattamente mi sentissi. Tutto era troppo strano, e non in senso positivo, stavolta. Alternavo momenti di depressione più totale a momenti di rabbia assoluta. Spaziavo da uno stato d’animo all’altro con fin troppa rapidità, persino per la sottoscritta. E, le poche volte in cui cominciavo a rilassarmi… lei tornava. Danielle, la maledetta Danielle. Quella che, aveva detto Desmond, non era solo un frutto della mia immaginazione. Lei esisteva veramente… ma non era stata nulla per lui. E allora perché la sentivo sostenere il contrario? Ogni minuto passato in sua presenza era un riempire le sue parole di più o meno fini allusioni di quello che c’era stato tra lei e Des. Giovani, umani e… innamorati. Eppure, una parte di me sapeva di non doverle dare ragione. Chi era lei? L’ultima arrivata, mi rispondevo. Era apparsa così, dal nulla… perché darle ascolto? Però, subito, un’altra voce di aggiungeva al coro. Del tutto… contraria, stavolta. Secondo questa, l’ultima arrivata ero io. La stupida ragazzina, la licantropa egoista fin sopra ai capelli… che diritti pretendevo di avere? Quella donna ne sapeva più di me, sarebbe stata sempre al di sopra della sottoscritta. Lei era perfetta, io ero un mostro. Mi raccontava di loro… e tutto ricominciava, ogni volta. Non volevo crederle, con tutte le mie forze. Io mi fidavo di Des! E allora… perché non riuscivo a togliermela dalla testa? Da quando, per la prima volta, l’avevo vista, il dubbio si era insinuato nella mia mente. Tutta me stessa diceva di lasciarla perdere, di dare ascolto solamente a colui che il mio cuore bramava. E invece, l’avevo ferito. Per l’ennesima volta, avevo fatto in modo di pormi contro di lui, non al suo fianco.
    E ora ne pagavo le conseguenze. Ogni minuto lontana da Desmond era una lenta agonia, aumentata dalle assillanti visite della vampira dagli occhi di ghiaccio. Danielle mi perseguitava… come poteva essere reale? Come potevano tutti i miei fratelli non accorgersi della sua presenza? Come potevo essere così tanto in sua balia? Non riuscivo davvero a capirlo. Solamente quando mi lasciava sola, la mia mente tornava a farsi lucida. In quei momenti, tentavo di ragionare, cercavo persino la forza per alzarmi e correre da Des. Parecchie volte ero stata sul punto di farlo, di trasformarmi e raggiungerlo… ma, ogni volta, mi mancavano letteralmente le forze. Persino quella mattina –era mattina? Non lo sapevo…- avevo tentato la sorte. Erano ore che Danielle non si faceva viva. La rabbia verso Desmond non accennava a calare, ma poteva benissimo essere sopraffatta dalla sua mancanza. Avevo bisogno di vederlo, di stringerlo, di dirgli… quanto mi dispiacesse, in fondo. Era tutta colpa mia, come al solito. Mi sentivo così dannatamente male!
    Così, racimolate quel poco di forze che ancora possedevo, avevo spalancato la finestra, pronta a trasformarmi. L’emicrania, che ormai non mi passava mai, si era fatta però fortissima. Ero caduta a terra, o almeno, lo presumo, dato che mi risvegliai ancora lì, sul pavimento. Danielle era davanti a me, con un sorriso acido sulle labbra. Mi aveva chiesto che cosa avessi in mente. Volevo forse andare da quel traditore?
    In seguito, non sono esattamente sicura di cosa successe. Ormai, ogni volta che lei veniva a trovarmi, la mia memoria si faceva sempre più traballante. Non ricordavo bene cosa mi dicesse, né riuscivo a dare una giusta collocazione temporale a quello che accadeva. Insomma, per certi versi… Danielle mi annullava. Diventavo una bambola di pezza nelle sue mani ghiacciate, una bambola priva di qualsiasi emozione e, soprattutto, pensiero. Poteva davvero essere reale una creatura così orribile?
    Desmond aveva detto così… ma forse –ormai lo sospettavo da tempo- l’aveva fatto solo per proteggermi. Da chi, se non da me stessa? Stavo impazzendo, e lui lo sapeva bene. Tuttavia, tentava di non farmelo sapere. Era lui quello buono, quello generoso, quello perfetto, tra di noi. Io ero sempre stata la stupida ed egoista ragazzina, quella che non faceva che prendersi gioco del suo povero cuore. Come avevo puntualmente fatto anche stavolta. Ma Des, con il suo animo grande, continuava imperterrito a starmi accanto. Spesso mi domandavo come mai non si fosse ancora stancato di me… ora che stavo diventando pure pazza, poi! Per non parlare di quella maledetta storia della fiducia… dannazione, mi scoppiava la testa!
    A fatica, mi ero trascinata sul letto, affondando il viso nel cuscino. Cominciai a piangere, sommessamente. Ecco, quella era l’unica cosa per cui non mi mancavano mai le forze. Piangevo, piangevo in continuazione. Da fuori, dopo un po’, sentii Hugo mormorarmi qualcosa riguardo al cibo… ah, domandava se avessi fame. Tentai di urlare, con poco successo, ma il concetto fu comunque recepito. Ascoltai i suoi passi allontanarsi, con quel suo solito fare un po’ strascicato. Volevo solo… volevo solo dormire, almeno per un poco.
    Non so se davvero mi addormentai, ma, chiusi gli occhi, vidi Des. Era lontano, lontanissimo, ma era lui. L’avrei riconosciuto ovunque. Cominciai quindi a correre nella sua direzione, ma… perché non riuscivo ad avvicinarmi? Ad un tratto, la solita risata interruppe il filo dei miei pensieri. Anche a quella distanza la vidi. Si stringeva languidamente a lui, che, ora, non mi guardava più. Teneva lei tra le braccia, lei e i suoi capelli del colore dell’Inferno. Continuavo a sentire il suo profumo…

    « E’ stata mia la colpa… allora adesso che voglio? »
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    SPOILER (click to view)
    Faccio con Hugo poi passo ai codici XD


    Edited by #peacemaker - 30/4/2011, 18:16
     
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    Hugo


    Avevo sempre pensato che Zoe fosse pazza, ma non fino a questo punto. Voglio dire, si sa che la follia è la costante di casa Cox –fatta eccezione per il sottoscritto, ovviamente-, però… stavolta la cosa si stava facendo davvero preoccupante. Non solo non si sentiva la sua voce in giro per casa, squillante e scherzosa, non solo non saltellava sempre ovunque facendo del casino… soprattutto, non vedeva quel suo vampiro da settimane! Era assurda, come cosa. Solitamente non riusciva a stare nemmeno mezza giornata senza buttarsi sul suo Desmond. Adesso, invece, se ne stava chiusa in camera da giorni. Non mangiava, non usciva… di tanto in tanto la si sentiva urlare, ma ormai la cosa si faceva sempre più rada. La mamma era davvero preoccupata, ma, quando aveva tentato di entrare per parlarle, per poco non l’aveva aggredita. Così, pian piano, aveva deciso di lasciarla sbollire un po’. Si arriva a questo, quando si hanno due figli su tre completamente fuori di testa. Tuttavia, aveva imposto che ci fosse sempre qualcuno nei paraggi e che, ad intervalli regolari, si tentasse di farla uscire da lì dentro. Qualche volta aveva aperto la porta e, con fatica, si era aggirata per casa come un fantasma.
    Ovviamente, l’incaricato numero uno alla sorveglianza della mia sorellona ero io. Mi appostavo vicino alla sua stanza, cercando di capire che diavolo dicesse. Come suo solito, almeno in questo, parlava spesso. Tuttavia, non riuscivo a sentire nulla, in risposta. Dialogava forse da sola? E perché in quei momenti mi pareva di percepire un odore strano? Assomigliava vagamente a quello dei succhiasangue, ma era troppo debole e dolce… una sorta di Chanel numero cinque! Forse era solo una coincidenza, tra tutte quelle stranezze.
    Ormai, dunque, buona parte della famiglia sembrava essere uscita di testa. Mamma e papà non facevano che aggirarsi preoccupati per Zoe, io mi associavo alla cosa e… persino Dylan era tutto rattristato! Insomma, provatevi voi a vivere per quasi vent’anni con una pazza, isterica, casinista per la casa… che improvvisamente diventa più triste ed abbacchiata di un vecchietto depresso di duemila anni! Paragone pessimo, ma davvero non riesco ad esprimere l’idea. Quella… quella non era Zoe!
    Anche quel giorno, avevo già tentato quattro volte di chiederle se volesse qualcosa. Le prime due non aveva nemmeno risposto, ma, appena avevo sfiorato la porta, la sua voce stranamente roca mi aveva intimato di starmene lontano. Poco prima l’ennesimo urlaccio –il primo vero grido da giorni, in realtà- mi aveva fatto cambiare rotta. Dannazione Zoe, ma che diavolo ti è preso?
    Stavo scendendo le scale, quando mi parve di sentire un odore pessimo. Oh oh. Puzzo di vampiro. Stranamente, però, ne fui quasi felice. Poteva essere chiunque, sì, ma avevo giusto qualche sospetto a riguardo. Aspettate… felice?! Desmond poteva benissimo essere sia la causa che la soluzione al malumore di mia sorella! Maledetto vampiro…! Comunque, ovviamente, un attimo dopo lo sentii bussare alla porta. Era lui, non c’erano più dubbi ormai.
    “Desmond…” mormorai, piuttosto acidamente, aprendogli l’uscio. “Qual buon vento ti porta qui?” cominciai, guardandolo dritto negli occhi. Mmh, quel tizio aveva un che di inquietante. Proprio non riuscivo a capire cosa ci trovasse, Zoe, in lui. Certo, meglio di quel cazzone di Chris, ma… ehi! Quanti anni avevano, quei due, di differenza? Secoli? Lo osservai, pensoso, facendo giusto un passo indietro, per farlo entrare. In caso di cazzate, era fritto. Insomma, era pur sempre circondato da pulciosi… comunque, più lo guardavo, più mi convincevo che doveva essere stato lui. Non c’era… altra spiegazione! “Che cosa le hai fatto?!”
     
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    Era un pensiero incessante. Continuava a martellare prepotente proprio all'altezza delle tempie.. e mi faceva male. La cosa, lo ammetto, mi spaventava. Non provavo dolore fisico da secoli e secoli, sentire quel malditesta cosi, all'imrpovviso, all'inizio era stato uno shock. Certo, erano passati dei giorni ed io sono sempre stato molto bravo ad abituarmi, per cui adesso stavo leggermente meglio. Insomma, riuscivo a conviverci. Come? Credete davvero che io non sappia di cosa si tratti? Vi ho lasciati soli cosi tanto tempo che vi siete addirittura dimenticati cosa vuol dire essere Desmond Kristens. Devo rispiegarvi la lezioncina numero uno, mi sa.
    Desmond Kristens sa sempre tutto ciò che deve sapere. Ecco vedo che adesso ricordate. Ed ovviamente sapevo anche quale pensiero fastidioso e martellante avesse deciso di inquietarmi in quei giorni. Ma per essere più chiaro dovrò rinfrescarvi ancora le idee. Ricordate i Volturi? Ricordate Volterra? Anzi, per esser più precisi, ricordate me e Zoe a Volterra? In effetti non mi stupisco se non arrivate subito al punto scomodo della faccenda: infondo sia io che voi eravamo totalmente concentrati su quella pazza lupa. Ma io lì, a Volterra, avevo commesso un piccolo errorino. Avevo ucciso senza nemmeno rendermene conto uno dei Volturi che, quando quell'idiota di Zoe s'era messa a sbraitare tutta pelosa in piazza, aveva placcato la mia lupa cercando di fare chissà cosa. Ora, dopo mesi di distanza, ero venuto a sapere che quel mio errore non era stato del tutto perdonato. No, non ero affatto preoccupato, i Volturi non mi spaventavano. E' vero, li ammiravo, li avevo sempre ammirati, ma come volevo essere uno di loro, allo stesso tempo mi sentivo superiore. Si, i vecchi schemi mentali non muoiono mai.
    Per cui non si trattava di preoccupazione..ma di fastidio. Sapevo che prima o poi sarebbero venuti a cercarmi, e stavolta non vantavo quell'anonimato di cui avevo goduto cosi a lungo. Ormai tutti conoscevano Desmond Kristens.. ma non per le ragioni che avrei voluto. Io ero il vampiro che, uscito fuori di senno, aveva costretto con chissà quale potere una licantropa ad innamorarsi di me. Non chiedetemi perchè la leggenda locale presentava come vittima proprio Zoe Cox.. penso sia a causa dei soliti pregiudizi che si hanno sui vampiri. Ma comunque, capirete quanto me ne fregasse di quel che circolava in giro. Il punto era che i Volturi sapevano perfettamente dov'ero.. e con chi. Sapevano anche come rendermi..incline ad ascoltarli, nel caso me ne fossi fregato altamente- caso probabile- delle loro stupide pretese. Innervosito, alzai un sopracciglio. Odiavo l'idea che tutti, TUTTI conoscessero il mio punto debole. Era frustrante. Mi riscossi dai miei pensieri quando sentii un odore simile a quello di Zoe, ma decisamente più..puzzolente. Storcendo le narici, fu con un lieve sorrisetto che mi accorsi che Hugo Cox, il fratellino allampanato di Zoe, era dall'altra parte della porta, pronto ad aprire.
    Non mi ero mai soffermato molto sulla famiglia di Zoe, sinceramente, ma se proprio devo dirlo Hugo era quello più.. interessante. I genitori erano..normali genitori, quell'altro fratello, Dylan, era uno spocchioso viziato e bastardo ed oltretutto anche stupido.. Ma Hugo era diverso: un nerdino, sempliciotto e depresso, vero.. ma allo stesso tempo.. ecco la punta di novità! Odiava i Licantropi. Ditemi voi se non era un bel gioiellino da osservare.. Con lui mi ponevo in maniera rispettosa, quasi a considerarlo un pari. Mi piaceva l'idea di questa sua..contradditio interiore.
    Purtroppo però, sebbene rinnegasse la sua razza, non poteva far altro che irrigidirsi alla presenza di un vampiro che credeva causa dei mali di sua sorella. Potevo sentire perfettamente i suoi pensieri su di me, sulla storia tra me e sua sorella.. e sullo stato attuale di pazzia che aleggiava in causa Cox in quegli ultimi giorni. Ovviamente- lo dava per scontato- la colpa era mia, di tutto. Non volevo però perder tempo a spiegare le mie ragioni, tanto non me le avrebbe chieste..almeno cosi pensavo. Ma eccolo che, dopo una lieve frase mezzo-cortese, mi aggredì quasi. A parole, pacatamente, ma era Hugo Cox e il solo farmi una domanda voleva dire che era..contrariato.
    -Buongiorno anche a te- dissi io, guardandolo di sottecchi, mentre entravo in casa, senza guardarmi intorno. L'avevo già vista una volta, era banale e rustica, niente di che. Con tutto il rispetto per la madre di Zoe,ovviamente.
    -Rispondendo alla tua..domanda, ti ringrazio per avermi attribuito il potere di fare impazzire la gente ma no, purtroppo non ho questo dono. Tua sorella stavolta ha fatto tutto da sola. Ora, se non ti dispiace,gradirei farle visita.

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    Hugo


    Improvvisamente, non mi era più così facile lasciar vagare i sensi, attenuarli, insomma, come facevo di solito. Odio sentire tutto in modo amplificato, dunque ho imparato ad essere meno attento di quanto invece mi verrebbe naturale. Naaa, alla fine non è una cosa così stupida. Anzi. Provateci voi a dover sentire odori a chilometri di distanza… per non parlare del ticchettare di orologi o cose del genere! La mia testa ringrazia, da quando ho imparato a controllarmi. Certo, la cosa non è totale, la parte mostruosa di me trova sempre un modo per rompere e farsi sentire, però… nel complesso sono fiero di me stesso.
    Ma vi stavo dicendo che, di colpo, tutti i miei sforzi furono vanificati. Per quanto non volessi esserlo –o almeno, non così tanto, ecco!-, ero completamente all’erta. Il minimo rumore mi avrebbe probabilmente fatto balzare da una parte all’altra della stanza, per non parlare dell’odore di Desmond. All’opposto, una parte di me urlava di fuggire da quel puzzo, mentre l’altra… beh, l’altra era estremamente violenta, un po’ come quando Dawn mi fa impazzire.
    Comunque, tutto questo era estremamente preoccupante. E si andava a sommare con le condizioni di quel derelitto di mia sorella, al piano di sopra. Dannazione, perché capitano tutte a me? Cosa avevo fatto di male stavolta? Magari il caro vampiro aveva anche una mezza idea di farmi saltare la testa, o che ne so io, un po’ per completare il lavoro di autodistruzione su Zoe e un po’ perché… ehi, alla fine non stavo facendo nulla! Se non… se non sì, ecco, tutti quei viaggi mentali assurdi. Di colpo mi venne anche in mente che Desmond era in grado di captare pensieri riguardo alla sua stessa persona… ah, perfetto! Così si sarebbe fatto quattro risate, pensando che avessi paura di lui. Ma non si trattava affatto di questo! Io… ero semplicemente realistico, ecco. Cosa potrebbe mai fare un vampiro in un posto pieno zeppo di cani pulciosi? E soprattutto, cosa potrebbe mai fare un vampiro così fuori di testa da far doppiamente impazzire una povera giovane non del tutto, umh, ordinaria?
    D’accordo, d’accordo, non voglio farvi confondere con pensieri troppo intrecciati. Fatto sta che ero lì, nell’ingresso, a fissare in malo modo mr Kristens. Non è che mi stesse antipatico, questo no. O meglio, diciamo pure che non abbiamo praticamente alcun tipo di rapporto, quindi sarebbe idiota classificarlo come odio profondo o qualcosa del genere. Semplicemente, per certi versi lo ammiro. Insomma, per sopportare Zoe ci vuole davvero un santo… o un pazzo.
    Ecco, osservandolo mi chiesi proprio questo. Era pazzo o cosa? Come classificarlo, insomma? Proprio non lo sapevo.
    Però, ecco, tutta quella vasta gamma di sensazioni sgradevoli nei suoi confronti andavano ad aggiungersi al fatto che, probabilmente, doveva essere lui la causa di tutto. Lo guardai dunque dritto negli occhi, essendo praticamente alla stessa altezza, cosa alla fine abbastanza inusuale per me, dato che solitamente sono la stanga di turno. Ah, giusto, ecco un altro dei motivi per cui, in fondo, lo stimavo. Aveva sempre una calma pazzesca adosso… o meglio, Zoe diceva che andava da un estremo all’altro. E’ un tizio molto… lunatico, diciamo. Umh, forse si sono trovati anche per questo!
    Cretinate a parte, pensavo davvero di tutto, pur di non ritornare con la mente a mia sorella. Saperla lassù, in quello stato… sì, mi preoccupava immensamente. Non l’avevo mai vista così, dico sul serio. D’accordo che nessuno sapeva esattamente cosa avesse passato, quando Des l’aveva abbandonata, quella drammatica volta, ma… beh, qualunque fossero state le sue condizioni allora, era riuscita ad andare avanti. Ma stavolta…
    “A tuo rischio e pericolo. Se anche fosse come dici tu, credo potrebbe staccarti la testa a morsi…” risposi freddamente. Zoe l’avrebbe anche fatto… se solo ne avesse avuto la forza. Erano giorni che se ne stava chiusa là dentro senza muovere un dito. Altro fattore estremamente strano. Lei, sempre così iperattiva… di colpo svuotata di tutto.
    Guardai Desmond per l’ennesima volta, decidendomi sul da farsi. E se le sue intenzioni fossero state, come dire?... malvagie? No, per questo non dovevo preoccuparmi. Lo sapete anche voi che qui ci sono più pulci che in tutto il resto del mondo, no? Sarebbero arrivati, ecco. Ma soprattutto… non potevo credere che le avrebbe provato a fare del male.
    Dunque, qualche istante dopo, gli voltai le spalle, deciso, e mi avviai verso le scale. Insomma, gli stavo facendo strada… verso la tana del lupo.
     
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    "Tua sorella stavolta ha fatto tutto da sola". Avevo detto proprio cosi. In effetti era una bugia, era leggermente inesatta come affermazione. Perchè Zoe faceva sempre tutto quanto da sola. L'unica mia vera azione, l'unica mia colpa nei suoi confronti era l'essermi intestardito nel volerla accanto, l'essermi innamorato di lei quando lei credeva di appartenere a quel Chris.
    Lei dal canto suo si era premurata di rendere le cose sempre più difficili e complicate, nascondendosi dietro a quel velo di timidezza, paura e vivace infantilità. Si, immagino di non starle facendo una descrizione positiva, ma il fatto che l'amo riscatta ogni suo difetto ai miei occhi e spero anche ai vostri.
    Sospirai, pensando tra me e me che mi dava fastidio per una volta essere considerato il cattivo, il deturpatore, lo sbaglio terribile di Zoe. All'inizio sentivo i pensieri di quegli schifosi lupi della sua riserva. Credevano fosse pazza, credevano che io fossi soltanto l'ennesimo capriccio di una ragazza che amava essere controcorrente, che voleva per forza essere diversa, che voleva far parlare di sè. Descrizione totalmente sbagliata. Zoe era troppo ingenua anche solo per pensarla una cosa del genere. Però si, mi infastidiva la cosa. Nessuno di loro si chiedeva come io potessi stare con lei? Solo Hugo se lo domandava, ma per le ragioni diverse. Si chiedeva come potessi sopportare sua sorella, non il suo odore di lupo. Ma Hugo preferiva sempre pensare a cose più..normali. Vampiri, demoni, licantropi.. oggetto di storie per bambini, secondo lui. E da quanto avevo capito non ci teneva tanto a far parte di qualche storiella fantasy.
    E come non capirlo, in fondo? Non che io desiderassi essere normale, un semplice e fragile umano, ma capivo chi desiderava qualcosa di simile. Avete mai fissato i volti degli uomini? Degli umani? Sono spensierati. Hanno si problemi, anche loro ne hanno, e possono esser tristi, giù di corda..ma in fondo alla loro anima..c'è qualcosa.. speranza. La speranza che andrà tutto meglio, che ci sarà un futuro migliore, che se la caveranno, che qualcuno li aiuterà. Per quanto siano in realtà soli, non possono far altro che pensare che l'essere umani li accomuna tutti.. ed è una buona consolazione.
    Noi immortali sappiamo che le cose non sono proprio cosi. Ed è per questo che siamo soli nell'anima. Soli ed infelici. Nessuno può completarci, perchè tutto passa e niente resta.. e noi lo sappiamo.
    Storsi le labbra quando Hugo disse che molto probabilmente Zoe mi avrebbe staccato la testa a morsi. Abbassai lo sguardo. Ne dubitavo. Probabilmente in quei giorni mi aveva aspettato, ma sapeva che ero adirato con lei. Aveva troppa paura delle mie reazioni glaciali per volermi accanto e farmi infuriare ancora. Non che avesse paura che le facessi del male..ma che me ne andassi davvero. In fondo le ho sempre detto di avere poca pazienza- quando invece ne ho anche troppa- per cui, probabilmente, era più contenta se non ero lì a subirmi le sue paranoie.
    Salii le scale, con Hugo che mi guidava. Non ce ne era il bisogno, l'odore di Zoe era forte.. e lo sentivo perfettamente. Ma ancora, Hugo giocava a far la personcina normale. A me non costava nulla assecondarlo, per cui lo seguivo senza dir nulla. Quando arrivammo a due passi dalla camera di Zoe, poggiai una mano sulla sua spalla, con lentezza, cosi da non spaventarlo o altro. Gli sorrisi, gentile, per poi dirgli :- Posso proseguire da solo, ora. Grazie per avermi fatto strada..
    Detto questo proseguii bloccandomi davanti la porta. Chiusi gli occhi per un attimo, per poi bussare appena ed entrare, cauto, aprendo di poco la porta. Rimasi lì, sulla soglia, a fissarla..


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    Spalancai gli occhi, rimanendo per qualche secondo senza vedere nulla. La luce era troppo forte. Per un solo istante tutto apparve bianco, sfocato, ovattato... oh, come mi sarebbe piaciuto immergermi in quello che vedevo! Se solo un po' di quella luce mi fosse entrata in testa... sì, sarebbe subito migliorata ogni cosa, ne ero certa. Volevo semplicemente... non sentire nulla. Assolutamente nulla. Se la mia mente fosse diventata asettica e senza la minima distrazione come quello che videro i miei occhi, per un attimo... cercai di convincermene, ma il tutto durò solo un istante. Ben presto la stanza tornò ad assumere i suoi famigliari contorni, intorno a me, mentre quella calma tanto desiderata svaniva come se nulla fosse.
    Sospirai, appena, come se quel gesto potesse ancora qualcosa. No, era tutto inutile. Qualsiasi cosa, avrei dato qualsiasi cosa per non pensare, almeno per un po'. Invece, quell'incubo tornò a tormentarmi, ancora una volta. Sentivo la sua risata, la sua risata glacialmente perfetta. Quando sarebbe tornata? Come ogni volta, presi ad accumulare propositi su propositi. Fermarla. Comportarmi da lupo, per una dannata volta.
    Sapevo, però, che tutto era inutile. Non solo non si sarei riuscita mai e poi mai... ma una parte d me aveva ormai perso persino la forza di pensarci. I miei stessi pensieri si erano arresi alla realtà. Non potevo niente, contro di lei. Potevo solo aspettare... aspettare che mi distruggesse, che mi facesse del tutto a pezzi. Solo allora, forse, le cose sarebbero cambiate. Finito tutto e per sempre, forse avrei ritrovato la pace...
    Fissavo il soffitto, cercando di ignorare qualsiasi cosa. Rumori, voci... e, in primis, i pensieri nella mia testa. Mi sentivo così stanca... addormentarsi, però, era solo peggio. Nei sogni riacquistavo, almeno in parte, il mio normale vigore. Avevo la forza di correre e urlare, durante i miei viaggi onirici. Ma, allo stesso modo, anche le mie paure si intensificavano. Tutto, insomma, assumeva una mole spropositata, non facendo che peggiorare le cose. Neppure dormire, quindi, mi avrebbe aiutato. Un sonno senza sogni era già chiedere troppo, ormai.
    Eppure, per quanto cercassi di estraniarmi dal mondo, sentii qualcosa. Inizialmente erano solo voci ovattate, sussurri lontani ed indistinti. Lentamente, però, entrambi cominciarono a farsi dannatamente famigliari. Una parte di me voleva starli ad ascoltare, mentre l'altra desiderava solo isolarsi, come al solito, insomma, ormai. Momento dopo momento, però, mi ritrovai quasi a scandire persino le parole, senza avere ormai più nessun dubbio su chi ci fosse, solo al piano di sotto. Hugo parlava con... Des. Allora il suo profumo, solo pochi minuti prima, era reale...! O anche tutto questo era frutto della mia immaginazione?
    Era assurdo non avere più certezze nemmeno sotto questo punto di vista. D'accordo, non sono mai stata una persona normale, se vogliamo, ma... la pazzia non ha mai giocato un ruolo del genere, nella mia vita. C'è sempre stata, sì, ma in modo confortante. Ora, invece, la vecchia amica si stava rivoltando. Forse pensava di aver subito troppi soprusi, durante tutto quel tempo. Ora... ora voleva vendicarsi. Non riuscivo a capirla, però. Avevo fatto del male persino a lei?
    In un modo o nell'altro, non riuscii a capire cosa stessero dicendo. I miei stessi sensi erano stanchi, per quanto fossero affilati ed attenti, in condizioni normali. Non avevano voglia di fare il loro dovere, né di comportarsi, almeno, come quelli di un semplice umano. Se ne stavano lì, inermi, a tenermi legata al mondo solo quel tanto che bastava perché non precipitassi nel baratro. Forse, aspettavano solo il momento opportuno...
    Per un attimo, desiderai alzarmi e correre da lui. Dirgli che mi dispiaceva, che, per l'ennesima volta, la colpa era mia. Ormai la cosa era un classico, ma, come si suol dire... sono recidiva, probabilmente. Tendo a ricadere nei miei stessi errori, nelle mie stesse paranoie... insomma, non c'è modo di migliorarmi, per quanto ci provi. E qui sorge spontanea la solita domanda. Come fa Des ad essere ancora qui? Come può anche solo... sopportarmi? Me lo chiedo spesso. Anzi, me lo chiedevo spesso. Erano giorni, ormai, in cui quello di Des era solo un rimpianto. Avevo sempre sbagliato tutto con lui, dalla prima all'ultima volta. Persino scusarmi in tutti i modi possibili ed inimmaginabili non sarebbe bastato. Lo sapevo persino io. Chissà dunque cosa pensava lui...
    Ad un tratto, mi accorsi che le voci si erano avvicinate. Stavolta non fu difficile ascoltare i rumori dei passi, su per le scale. Quelli di Hugo, un po' strascicati ma dalle falcate lunghe, e quelli di Desmond eleganti e perfetti. La sua voce, per quanto vicina e chiara, mi raggiunse come smorzata, coperta da una patina a cui non riuscivo a dare un nome. Ancora una volta, mi chiesi se fosse tutto nella mia testa.
    Fissavo assente il soffitto, quando, infine, la sua presenza si sentì, nella stanza. Aveva appena spalancato la porta e... se ne stava lì, probabilmente, fermo immobile sulla soglia. Sentivo il suo sguardo puntato addosso, così come l'avevo sempre percepito. Dovevo solo alzarmi ed andare da lui. Nulla di semplice, per me. Ma la vecchia me si sarebbe precipitata tra le sue braccia molto prima di quel momento. La vecchia me l'avrebbe raggiunto molto prima della sua entrata in casa, appena sentito il suo odore... adesso, invece, non riuscivo a fare niente. Non mi mossi, rimanendo altrettanto immobile, stesa su quel letto, come facevo ormai da giorni. Fu un sussurro. Solo un semplice sussurro. “Des...”

    « E’ stata mia la colpa… allora adesso che voglio? »
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    ♠ DESMOND KRISTENS • the unique vampire
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    Avevo sempre saputo come comportarmi con Zoe. Se avevo sbagliato in passato era solo perchè mi ero gettato d'istinto. E sebbene lei mi rimproverasse spesso di pensare troppo..con lei non si poteva fare altrimenti. L'istintività non andava bene. Lei poteva esserlo, senza ombra di dubbio.. ma chi le stava accanto.. assolutamente no. Era delicata..fragile..terribilmente fragile..ed indecisa. Se si voleva che continuasse a far le solite cose, che vivesse felice, tranquilla.. bisognava semplicemente trattarla con molta cautela, cosa che io avevo sempre fatto. Se non mi fossi curato di lasciarla tranquilla, sarei andato da lei molto prima, arrabbiato, ferito, infastidito.. e l'avrei trattata male, proprio come si meritava. Ma la cosa l'avrebbe distrutta.
    E a me non piaceva l'idea di esser causa del suo male. Cosi avevo pazientato attendendo che la rabbia scemasse. E col tempo era scemata. Subentrò l'indecisione. Come era giusto comportarsi con Zoe? Non lo sapevo..non ne avevo la minima idea. Cosi attesi..attesi di avere un piano prima di andare a La Push. Il piano che trovai era molto semplice. Essere distaccati. Distaccati e seri, in modo da pote guardare bene alle cose e tentare di capire la situazione. Mi sarei comportato come un dottore che visita la paziente. Nessun sentimento tra noi, solo puro e vivido interesse di capire la sua situazione. Nulla di più. Sarebbe stato difficile, certo,ma ero un bravo attore e a differenza di Zoe sapevo controllarmi bene.
    Cosi quando entrai nella sua stanza la mia espressione non mutò. Rimasi fermo, immobile, a guardarla curioso. Distesa sul letto. Il viso era rivolto verso di me.. mi guardava con occhi che sapevo non essere i suoi. Erano velati di una tristezza e di un'aridità che non eran mai state sue. C'era qualcosa sotto. Inoltre..non si alzò. Non disse nulla se non un debolissimo "Des". La osservai per un altro poco..aveva un'espressione distrutta..chissà da quanto non si alzava da quel letto.
    Camminai verso di lei, con calma, con una tranquillità davvero disarmante. Cosa stava pensando? io...non la sentivo. Alzai un sopracciglio, infastidito da questo cambiamento. anche questo..il non sentire i suoi pensieri.. mi spaventava. Ecco, perchè più che preoccupato, arrabbiato, infastidito.. ero spaventato. Che non potessimo vivere tranquilli insieme era un dato di fatto, ma finchè restavamo uniti potevo anche sopportare la cosa. Ma lei..
    Lei mi aveva tagliato fuori da questa storia, mi aveva tenuto all'oscuro.. era persino arrivata al punto da non pensarmi più. Perchè erano giorni che la mia mente non raggiungeva la sua.. ed erano arrivati a mancarmi i suoi pensieri sconslusionati e scoordinati. Sospirai, ancora, mentre sempre con velocità umana prendevo la sedia della sua scrivania e la poggiavo accanto al suo letto.. per poi sedermi. La guardai negli occhi, cercando di non farmi rapire dal suo sguardo..nè dal colore vitreo che non riconoscevo. Dov'erano quei suoi occhi azzurro cielo?Ora sembravano essere di ghiaccio.
    -Vorrei che tu mi dicessi cosa ti sta accadendo.- le dissi dunque, con tono distaccato. - Non avere paura di dire cose che non hanno senso. Quel che non ha senso per una persona a volte ne ha per un'altra.
    E ci credevo davvero. O almeno, volevo crederci.

    « Vivo nella tua mente, nei tuoi pensieri, Zoe
    e non c'è posto migliore per me"»

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    Des era entrato nella stanza. Des era entrato nella stanza. Possibile che il mio cervello non riuscisse a recepirlo? O meglio, in un modo o nell'altro l'aveva fatto, perché, ora, ero faccia a faccia con la cosa. Lui era lì. A pochi passi da me. Desmond. Il mio Desmond. Anzi, sarebbe più corretto parlare di Des, come credo ormai tutti sappiano. La differenza tra i 'due', apparentemente sottile, è in realtà molto più importante. O almeno, lo è per me. Per noi.
    Se questi, solitamente, erano solo la superficie dei miei pensieri, nei suoi confronti, adesso... adesso regnava il vuoto totale, nella mia mente. O almeno, così doveva essere, date le mie mancate reazioni. Quasi non ero nemmeno riuscita a guardarlo. Sapevo che era lì. Lo sentivo. Però, anche il fatto che l'avessi percepito quando ormai era vicinissimo, faceva riflettere. Non era colpa sua. Come sempre, d'altronde. Des... ancora mi chiedo perché, in effetti. Perché ha deciso di accollarsi un peso del genere? Come diavolo fa a sopportarmi? Se pensiamo, che, spesso, fatico io stessa a reggere la sottoscritta... non voglio immaginare chi mi circonda. Lui poi, in particolare. Sono stata la causa della sua rovina. Eppure, per quanto mi sforzi, il senso di colpa non è mai completo. Sono troppo egoista per sentirlo fino in fondo, sono troppo egoista per... lasciarlo andare. Lontano da me, è un dato di fatto, Desmond starebbe bene. Riavrebbe indietro la sua vita, il vampiro che da secoli tenta di essere e di diventare. Forse... sarebbe felice.
    Non ho fatto che creare problemi, io. Fin dall'inizio. Prima il volergli essere a tutti i costi amica, incurante dell'impossibilità della cosa. I primi germi dell'egoismo quelli; egoismo, che, lentamente, si è trasformato in ben altro. Volevo averli entrambi. Des e Chris. Chris e Des. E poi... finalmente, almeno, avevo aperto gli occhi. Peccato, però, che fosse troppo tardi. Avevo provocato troppo scompiglio nella sua vita, ero riuscita a turbare un'infinita esistenza. L'avevo ferito, più e più volte.
    E lo stavo facendo ancora. Forse era questa la cosa più ironica. Continuavo a farlo. Continuavo a fargli male, in un modo o nell'altro, anche con questa storia. Danielle... mi venivano i brividi solo a pensarci, però. Era sempre il mio egoismo a prevalere, anche in una situazione come questa. Non mi ero fidata di lui, avevo preferito dare ascolto a quella che, in fondo, poteva essere una semplice proiezione della mia mente. E guardate come mi ero ridotta... nemmeno, in realtà, me ne rendevo del tutto conto. Ero io, quella? Nemmeno con lui riuscivo più ad essere me stessa. Mai, e dico mai, mi sarei comportata così, nei suoi confronti. Il solo sentirlo arrivare, anche se ancora molto lontano, mi faceva battere il cuore in maniera imperiosa. Non potevo non corrergli incontro, non potevo non dimostrargli quello che sentivo.
    Ed invece avevo reagito in modo diametralmente opposto. Non mi ero comportata come sempre. Non ero più me stessa, se vogliamo. La cosa, in effetti, andava avanti da un po'. Sapevo persino il giorno preciso, in realtà. O meglio, lo sapevo un tempo. Ormai avevo perso la concezione di tutto. Non solo non riuscivo a pensare. Nemmeno il mio istinto sembrava più funzionare. Invece di correre da Desmond, tentando per l'ennesima volta di farmi perdonare, cercando la consolazione del suo abbraccio, ero rimasta lì. Immobile. Morta, quasi.
    Una minuscola parte della mia mente si rendeva conto della cosa, ma, appunto, era solo una piccola percentuale. Tutto il resto del mio essere non faceva che affondare, ancora ed ancora, in quel senso di vuoto. Non potevo nemmeno parlare di disperazione. Non sentivo niente. Non avevo fame, non avevo sonno, non ero nemmeno triste. Mi ero ridotta, in tutto e per tutto, ad un cumulo di nulla.
    Paradossalmente, e per la seconda volta, da quando era entrato, mi ritrovai ancora a chiedermi come Des potesse sopportare tutto questo. Perché era lì, al mio fianco? Non solo dopo tutto quello che gli avevo fatto... anche ora lo stavo facendo soffrire. Masochismo? Bontà... forse, ma per Desmond è sempre difficile parlare di questi concetti. Si è sempre reputato una brutta persona, una cattiva persona. Peccato che però, in realtà, si sia rivelato l'uomo migliore che io abbia mai conosciuto. Amore... ecco cosa mi cominciò a vagare per la mente. Non mi ero mai accostata a quest'idea in modo così distaccato. Sono sempre stata passionale, troppo presa da me stessa per non farmi del tutto trascinare da questo sentimento. Ma adesso, per colpa di quel vuoto che sentivo dentro, anche l'amore era lontano. Era per questo che Desmond era ancora lì, con me? Perché mi amava?...
    Il mio cuore, invece di scaldarsi e sussultare, a questa considerazione, rimase inerme. Batteva, sì. Ma troppo lentamente, per i miei standard. Il sangue faticava persino, forse, ad affluire, nelle varie parti di me. Ma Des era al mio fianco, dannazione! Era arrivato... per me.
    Incontrai il suo sguardo, non riuscendo a non notare, persino in quella totale apatia, quanto fosse pesto. Aveva gli occhi nerissimi, quasi brucianti. Erano cupi, appesantiti. Chissà da quanto non si nutriva... un sospiro leggero ed inconsistente mi sfuggì dalle labbra. Perché Des, perché? Perché si stava riducendo così? Non era giusto! “Quel che non ha senso per una persona a volte ne ha per un'altra.” mi stava dicendo. Nei recessi della mia mente esultai, vogliosa di alzarmi e stringerlo tra le mie braccia. Ma, naturalmente, questa sensazione durò solo un istante. Non poteva andare così. Non ne avevo la forza.
    “Mi dispiace, Des...” cercai di cominciare. Avevo le labbra secche e tirate, mi facevano persino male, a parlare. Mi aveva chiesto di spiegare che cosa mai mi stesse succedendo. “Vorrei tanto saperlo. Vorrei capire anche io il perché.” Ecco, l'avevo detto. Nemmeno la sottoscritta riusciva a rendersi conto di cosa stava succedendo. La sua presenza gelida ma al contempo calda, al mio fianco, mi spinse a fare quello che mai mi sarei aspettata, date le mie condizioni. Con grande sforzo tesi la mano nella sua direzione, quasi a reclamare la sua attenzione. “... Stringimi, ti prego.” mormorai con un filo di voce. L'illusione, seppure soffusa e debolissima, stava forse venendo in mio soccorso. Poteva aiutarmi. Come aveva sempre fatto, d'altronde. Des... era la mia unica salvezza. “Voglio... tornare ad essere me stessa...”

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    Da quanto non scrivevo con Zoe! Mi mancava!XD

     
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