-quelli che eravamo?...

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    ♠ OPHELIA THE WITCH
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    Amavo svegliarmi all'alba.
    L'aria che si respirava, a quell'ora, era diversa.
    Meno densa, meno piena di pretese... semplicemente viva, insomma.
    Anche i colori, poi, erano magnifici.
    A metà tra le tonalità pastello della prima mattina e quelle scure e spaventose della notte.
    In perfetto equilibrio, in bilico tra due modi di essere opposti.
    La luce mattutina filtrava appena, tra i tendaggi della mia piccola stanza.
    Scostai i pesanti veli che coprivano la finestra, e guardai fuori.
    La Natura.
    Lo spettacolo più bello del mondo.
    La campana suonava le prime lodi.
    Non ero ammessa a tutte le funzioni, essendo una donna, quindi avrei dovuto aspettare che i monaci adempissero al loro compito.
    Mi domandai, come tutte le mattine, il perchè di questa solenne decisione.
    Sapevo benissimo che vivere lì dentro era un grande privilegio, per me, essendo quello un monastero.
    Eppure non trovavo giusto quella distinzione.
    Mi ero adattata a quella vita, così diversa da quella che conducevo prima... perchè non potevo viverla in tutto e per tutto?
    Ovviamente, però, non potevo certo sbandierare questi pensieri.
    Probabilmente, sarei stata accusata nuovamente di stregoneria e stavolta... nessuno mi avrebbe salvato.
    Per fortuna, però, c'era William.
    Lui era l'unico con cui potevo parlare di tutto, con cui poter essere... me stessa.
    Sorrisi, pensando a lui.
    Era il compagno delle mie giornate, nonchè mio unico amico.
    C'era dell'altro, lo ammetto, ma non volevo pensarci.
    Aveva votato la sua vita all'Altissimo.
    Di certo non poteva pensare a me.
    La cosa mi faceva male, chiaramente, ma non avrei mai fatto qualcosa per cambiare quello stato.
    Dovevo accontentarmi di quello che avevo, che era già tanto, tantissimo, dopo quello che avevo passato.
    Potevo averlo al mio fianco comunque, in questo modo.
    Sotto un'altra veste, certo, con un determinato ruolo...
    ma lui era lì, almeno.
    Con me.
    Aprii per bene le tende, continuando a guardare fuori.
    I primi monaci cominciarono ad uscire, dirigendosi verso la chiesa del monastero.
    Ero lontana, non potevo riconoscerne i tratti.
    C'era qualcosa, però, in lui, che mi permetteva di riconoscerlo, tra gli altri.
    Quando passò, infatti, lo vidi.
    Camminava a testa alta, come sempre, felice e fiero del suo ruolo.
    Amava la sua vita, lo sapevo benissimo.
    Anche per questo non volevo strappargliela.
    Lui era contento così, e questo mi andava bene.
    Inoltre, usando le mie capacità a scopi personali... sarei andata contro agli insegnamenti della nonna.
    Non avevo mai infranto quell'unica regola che mi aveva imposto, nè l'avrei fatto mai.
    Era tutto quello che mi rimaneva di lei...

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    Edited by #peacemaker - 25/1/2011, 23:12
     
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    ♠ WILLIAM ♠
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    Era il 1327° anno dopo la nascita di Cristo.
    Io avevo soltanto 19 anni, passati tutti quanti nella casa del Signore, tra le persone più pure e buone che potessi sperare di incontrare.
    Sentii frate Marcello suonare le sue campane, mentre, inginocchiato a terra, le mani giunte e i gomiti appoggiati al letto, pregavo.
    Pregavo..e ringraziavo. Non chiedevo. Non mi sembrava giusto chiedere al mio buon Signore qualcosa.
    Mi aveva già regalato tutto, senza che io chiedessi nulla.
    La Sua bontà era infinita. E la mattina,cosi come la sera, mi piaceva ringraziarlo, sempre e comunque.
    Sentii sulla schiena più calore, mentre sul muro di fronte a me si stagliava la mia sagoma scura, contornata da tanta, tantissima luce.
    Mi voltai e notai come si fosse illuminata di rosa la stanza, con la lcue dell'alba.
    Mi alzai lento, sistemandomi un sandalo e avvicinandomi alla finestra, aprendola.
    Inspirai profondamente l'aria mattutina con gli occhi chiusi. Quando li riaprii davanti a me si stagliò la vista dei vari monaci già svegli, intenti alle loro faccende.
    Fra Nicola stava trascinando con sforzo un secchio d'acqua, probabilmente diretto verso le cucine, dove fratello Alberto si stava già affaccendando per la colazione.
    Sorrisi ripensando ai miei fratelli, sempre pronti a lavorare, fin dal mattino. Come lo ero io d'altronde.
    Orat et laborat,giusto?
    Fra tutti quei monaci riconobbi subito quello a cui volevo più bene. E lo so che dovremmo amare il prossimo allo stesso modo, senza distinzioni.
    Ma se cosi fosse saremmo accanto all'Altissimo, e non miseri umani.
    Sorrisi, contento, sistemandomi la casacca e scendendo veloce fino al cortile, dove era seduto Padre Guglielmo.
    Frate Silvio mi guardò con rimprovero, vedendomi correre, e allora io rallentai appena il passo, almeno finchè ero sotto il suo sguardo.
    Qaundo non fui più alla sua portata, eccomi di nuovo a correre, spensierato.
    Raggiunsi padre Guglielmo e lui mi salutò, senza nemmeno alzar lo sguardo. Sapeva che ero io.
    Buongiorno,Padre- gli dissi, con la mia voce gioiosa e cristallina.
    Lui mi guardò ebenvolo, chiedendomi di aiutarlo ad alzarsi. E mentre lo aiutavo mi diceva " Ragazzo mio, se tutti avessero la tua gioia di vivere, questo sarebbe un mondo migliore".
    Padre non innalzatemi sopra gli altri. Io amo solo Colui che amate voi. Basta questo per esser felici.
    Ma scosse la testa, contrariato. "Sei troppo puro, William, come si vede che non sai cos'è la vita"
    E insegnatemi allora- risposi io allegro- portatemi ancora con voi nei vostri viaggi!- continuai speranzoso.
    Con rimrpovero anche se lessi un pò di dolcezza nel suo sguardo mi disse:- "T'ho dato un incarico qui. Te ne sei forse annoiato?"
    Non potrei mai,Padre Guglielmo- risposi veloce io, abbassando lo sguardo, sorridendo.
    Il mio incarico era qualcosa di prezioso, ciò di cui ringraziavo maggiormente il mio Signore.
    Guglielmo mi diede una pacca sulla spalla, con la sua mano grande e rugosa.
    Frate Marcello suonava con più convinzione le campane. Era ora di seguire la funzione.
    Lo seguì, mentre già la lunga fila di monaci nostri fratelli si dirigeva con noi in chiesa.
    E fu un riflesso incondizionato. Come ogni mattina alzai lo sguardo e sorrisi, un sorriso sincero, gioioso.
    Alzai una mano, salutandola e contento di vedere che anche lei sorrideva.
    Lei..lei era il mio "incarico". Ophelia.

    « La vita ci mette a dura prova a volte, l'unica cosa che può salvarci dall'oblio è ciò in cui si crede. »
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    Edited by ;steppa yang - 11/8/2011, 15:17
     
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    La figurina si girò nella mia direzione, e mosse una mano in segno di saluto.
    Come sempre, alla fine, si era girato.
    Tutte le mattine aspettavo che fervore che lo facesse, mentre un pò di ansia mi attanagliava un pò, facendomi temere un esito negativo.
    Ma, dopo un attimo, William si girava e faceva quel semplice cenno, che però rendeva perfetta tutta la giornata.
    Non era niente di che, in sè, ma mi rendeva felice.
    In questo modo, dopotutto, avevo la conferma di essere nei suoi pensieri, tra le altre cose.
    E questo non poteva che farmi piacere, ovviamente.
    Ricambiai dolcemente il suo cenno, sorridendogli ancora.
    Un monaco più anziano lo raggiunse e gli disse qualcosa; probabilmente lo esortò ad entrare, per non fare tardi alla funzione.
    Risi appena, divertita, e aspettai che entrassero tutti nella chiesetta.
    Solo allora mi allontanai dalla finestra.
    Lanciando uno sguardo complessivo alla mia celletta, sistemai quel poco che c'era da fare.
    Rifeci il letto, canticchiando tra me e me, e indossai il solito abito, azzurro pallido.
    Ero orgogliosa di quel pezzo di stoffa: non era da tutti, in fondo, potersi permettere qualcosa di colorato.
    Era un regalo di Padre Guglielmo, quello.
    Dopo avermi salvata, aveva fatto ancora tanto per me... e continuava a farlo.
    Tra le altre cose, poi, aveva scelto Will, come mio 'tutore'.
    Gli sarei stata grata per sempre, per questo.
    Forse, in tutto questo, c'era lo zampino della nonna.
    Anche se non c'era più, mi aveva promesso che sarebbe rimasta per sempre al mio fianco, in quella Natura che tanto amava.
    E io, beh... ovviamente le credevo.
    Mai, mai nemmeno una volta, la nonna mi aveva mentito.
    Mi aveva insegnato ogni cosa, era stata tutto, per me.
    Ma me l'avevano portata.
    Fortunatamente, però, ora non ero più sola.
    Ancora non riuscivo a capacitarmi di tutta questa mia fortuna, lo ammetto.
    Ma cosa potevo fare, d'altronde, se non ringraziare ed essere grata, per tutto questo?
    Sorrisi ancora, a questa mia vita, ed uscii dalla stanza.
    I corridoi prietrosi erano deserti, illuminati dalla fresca luce del mattino.
    Adoravo quella quiete... era palpabile, quasi.
    Cominciai a camminare, piano; il rumore dei miei passi rimbombava cristallino, facendomi compagnia.
    Mi diressi verso il chiostro, luogo d'incontro, per noi, solitamente.
    Ma, mentre andavo, decisi di fare una deviazione.
    La sera prima, William ed io avevamo lasciato il libro che stavamo leggendo al refettorio, dimenticando di riporlo in biblioteca.
    Era stata una fortuna, quella, dopotutto: da sola non avrei potuto entrare in quella stanza, essendo vietato.
    In mensa, invece, non c'erano problemi.
    Spinsi la porta in legno massiccio, che, come suo solito, cigolò sinistramente.
    Nel refettorio c'era sempre un certo buio: la stanza era molto grande e le finestre si riducevano a tre lunghe feritoie, sulla parete più esterna.
    La luce filtrava pesante, lasciando solamente lunghi solchi dorati.
    Strarnutii, infastidita dalla polvere che regnava sovrana, lì dentro, e mi misi a cercare il libro.

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    Edited by #peacemaker - 25/1/2011, 23:12
     
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    Inginocchiato su quelle panche in legno ruvido, mi sentivo rinascere
    Era come se tutto ciò che facessi durante la giornata servisse ad aspettare quel momento.
    La casa di Dio mi accoglieva e tramite la voce sicura di padre Guglielmo la parola del Figlio ci veniva ripetuta più volte.
    E non c'era nulla di migliore.
    Cominciai a bisbigliare le mie preghiere, stringendo il crocifisso che tenevo appeso al collo.
    Non avrei voluto, ma durante la messa..la mia mente vagò lontano, distraendomi.
    E ripensai alle parole del Padre, quelle che mi disse prima della funzione.
    "non sai cos'è la vita" aveva detto. Avrei dovuto rpenderlo come un rimprovero?
    Eppure..nel tono c'era quasi invidia, come se anche Gugliemo non avrebb voluto conoscere la vita.
    Come se volesse avere la mia stessa pace.
    E so che è un pensiero davvero triste, che Dio mi perdoni, ma non potevo che esser contento di far invidia ad un uomo tanto grande.
    Chissà cosa c'era, oltre le mura. Perchè era di quella vita che io non sapevo niente.
    Erano ormai quasi due anni che non uscivo dalle mura del monastero.
    Secondo Guglielmo là fuori era davvero cambiato tutto, era addirittura peggiorato.
    E quando gli chiedevo perchè la gente là fuori non venisse da noi...lui mi diceva una cosa che no, non potevo accettare.
    Diceva che non tutti trovano in Dio la giusta Salvezza.
    Esistevano altre vie,per caso?
    Lui era l'unico, non c'erano altri sbocchi di felicità.
    Vivere lontani dal Cristianesimo voleva dire abbracciare il male, l'Inferno.
    E allora se pensavo ad oltre le mura..avevo paura.
    Perchè se dentro, tra le mura del monastero, mi sentivo in Paradiso..là fuori doveva esserci per forza l'Inferno.
    "Adésto nobis, Dómine Deus noster" sentii la voce di Padre Guglielmo e mi rimproverai per essermi distratto.
    Adésto nobis- ripetei in coro con gli altri monaci
    Ero un pò disorientato da quei pensieri, turbato.
    Continuai a seguire il resto della funzione, sospirando appena di tanto in tanto.
    Ma bastò poco, bastò sentire qualche parola del Figlio e subito mi risentii meglio.
    La funzione terminò dopo poco, almeno..a me sembrò poco tempo.
    E uscimmo tutti dopo aver recitato un Laus tibi Criste accorato.
    Prima di uscire mi inginocchiai ancora una volta davanti al crocifissso della chiesa.
    Poi mi allontanai da quel luogo sacro e mi diressi assieme agli altri monaci all'interno del monastero.
    Ognuno di noi aveva dei compiti ogni giorno. Il mio..era sempre lo stesso.
    Camminai sorridendo, illuminato da una luce più limpida di quella dell'alba.
    Mentre attraversavo le varie stanze cercavo con lo sguardo una bionda ragazza dall'aria angelica.
    Epprue..non la trovavo.
    Arrivato vicino alla zona della biblioteca iniziai a incuriosirmi.
    non è che..era entrata proprio lì? Sperai di no, perchè sapeva che le era proibito.
    Ophelia?- la chiamai a bassa voce. Ophelia?!

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    Niente da fare, non riuscivo a trovare il ibro.
    Forse un altro monaco, più accorto di noi, era andato a metterlo al suo posto.
    In tal caso, sarebbe stata una seccatura, però.
    Avrei dovuto aspettare William per un bel pò, prima che lo recuperasse, in mezzo a tutti gli altri libri.
    E mi sarei annoiata.
    Non sono una persona impaziente, per niente.
    Però... odio, in certe situazioni, stare da sola.
    Soprattutto in un caso del genere, quando non posso usufruire della sua compagnia.
    Arrossii appena, a quel pensiero, scacciandolo.
    Avevo pur sempre deciso che strada intraprendere nei suoi confronti, no?
    Peccato, però, che la cosa fosse dannatamente difficile.
    Non era mia abitudine tenere nascosto qualcosa.
    Persino con la magia le cose stavano in modo diverso.
    Non che andassi a sbandierare i miei poteri ai quattro venti, però... li usavo, quando ancora vivevo con la nonna.
    Non stavano nascosti.
    La gente, in fondo, sapeva benissimo cosa eravamo.
    Ma nessuno ne era spaventato, anzi.
    Tutti erano felici di averci al loro fianco, visto quello che eravamo in grado di fare.
    Purtroppo, però, ora le cose stavano in modo diverso.
    Padre Guglielmo mi aveva salvata, credendomi prima di magia.
    Cosa sarebbe successo, se avesse saputo che, in un modo o nell'altro, l'avevo ingannato?
    Dopotutto, l'accusa di stregoneria era vera.
    Quello che però sostenevano essere il mio potere, invece, era una menzogna.
    Non usavo la magia per scopi loschi.
    Io... aiutavo le persone.
    Ero cresciuta in questa ottica, non potevo e non volevo fare altrimenti.
    Attraversando la sala, starnutii un'altra volta, coprendomi la bocca con una mano.
    Il grande crocifisso appeso tra le feritoie-finistre mi guardava sofferente.
    Sospirai, gettando l'ennesima occhiata in giro.
    Possibile che qualcuno l'avesse davvero messo via?
    Superato l'ultimo tavolo, raggiunsi il rialzo dove Padre Guglielmo benediva le sedute culinarie.
    Eccolo! Come aveva fatto a finire lì sopra?
    Assicurandomi che non ci fosse nessuno nei paraggi, mi arrampiacai su quella specie di lambone, afferrando il grosso libro, rilegato in pelle.
    Fortunatamente, il segnalibro di stoffa era ancora al suo posto.
    Con un saltello, scesi dal rialzo, riattraversando la sala.
    La campana suonava la fine della funzione, ora.
    Perfetto, ero giusto in tempo!
    Uscita dalla stanza, richiusi la porta dietro di me, riprendendo a camminare per i corrodoi.
    Ero quasi arrivata al chiostro, quando lo vidi, con la coda dell'occhio, sussurrare qualcosa, davanti alla biblioteca.
    Avvicinando silenziosa, sentii che chiamava il mio nome, con tono un pò preoccupato.
    Risi: pensava fossi entrata in biblioteca?
    "Sono qui, sono qui, tranquillo!"

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    Edited by #peacemaker - 25/1/2011, 23:12
     
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    A volte più che un fratello, in certi momenti mi sentivo un padre per Ophelia.
    Ero sempre lì, pronto a preoccuparmi di qualche sua marachella o svista.
    Sempre lì, pronto a perdonarla se combinava qualcosa, rimproverandola però dolcemente come solo i genitori sanno fare.
    Padre..fratello. Ero davvero tutto per lei.
    O almeno..quasi.
    Padre Guglielmo mi aveva parlato di un altro possibile rappporto fra donna e uomo, un qualcosa di sporco, dissacrante.
    Mi turbava l'esistenza di una simile possibilità, ma almeno sapevo che nè nella mia nè nella mente di Ophelia c'era il desiderio di un simile rapporto.
    Sarebbe a dir poco sconveniente e abominevole aggiungerei.
    Certo, io amavo Phel. Non fraintendetemi. L'amavo come amavo padre Guglielmo.
    L'amavo come amavo la mia casa, il monastero e il mio mondo tutto.
    E in quest'amore..c'era cosi purezza..cosi tanta purezza da colmarmi di gioia.
    Ricordavo che una volta lo avevo anche detto a Phelia che l'amavo.
    L'avevo detto con cosi tanta spensieratezza..
    Mentre lei..bhè, la sua reazione non fu proprio quella che mi ero aspettato.
    Era arrossita, non sapendo cosa dire, inclinando il capo mentre stava seduta sul prato.
    Io, stupito, ne avevo riso e basta, giudicandola fin troppo emotiva.
    Avevo raccontato quest'episodio che io consideravo buffo a nostro padre Guglielmo.
    E nemmeno da lui ricevetti la reazione aspettata.
    Si fece pensieroso, chiedendomi di ripetere la reazione di Phelia.
    E poi mi disse che magari mi avrebbe portato un pò in giro con lui, fuori dalle mura, epr un pò.
    Non capii perchè volesse portarmi via dal monastero, proprio in quel momento.
    Davvero non l'avevo capito.
    Ripensai a queste cose mentre con accorata preoccupazione la chiamavo, appoggiato alla porta della biblioteca.
    Ah, ero sicurissimo fosse entrata lì dentro!
    Non sarebbe stata la prima volta che non seguiva i miei cosnigli..
    Era uno spirito troppo libero per vivere in convento, lo sapevamo tutti.
    Eppure come privarsi di lei?
    "Sono qui, sono qui, tranquillo!" Mi voltai di scatto, spaventato.
    La guardai allargando gli occhi e riprendendo fiato.
    Oh,grazie Signore!- dissi appoggiandomi al muro in pietra.
    Cominciai a respirare con più regolarità.
    Poi dopo essermi calmato la guardai con aria furba e avvicinandomi le diedi un colpo sulla testa, legero ovviamente, ma nemmeno troppo..
    Ecco, se avessi sentito un "ahi!" non mi sarei stupito.
    Ti sembra questo il modo di spuntare? Ho quasi avuto un infarto..-comincai, alzando gli occhi al cielo.
    Le feci cenno di seguirmi, mentre ci allontanavamo dalla biblioteca.
    Hey..che ne dici di una bella passeggiata nel bosco?- le chiesi, e sperai lei capisse cosa volessi fare.
    Io..voleov vedere ancora le sue magie..le sue prodezze.
    Era un qualcosa di terribilmente affascinante.
    E poi mi aiutava a capire che il suo essere una maga- non dirò strega, viene usato sempre in maniera dispreggiativa- era un qualcosa di buono.
    Perchè tutta quella luce che fluiva dal suo corpo non poteva essere un male.
    Phel era buona.
    Ed io, come un fratello maggiore, ero orgoglioso di lei.

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    La mia risata divertita si spense ben presto, quando vidi Will reagire così.
    Si prese quasi un colpo, dico sul serio.
    Sussultò, come se chissà quale demone gli avesse urlato in un orecchio.
    Ehi! Ma ero semplicemente... io!
    Si poggiò al muro, tremante, e riprese pian piano fiato.
    Un'ombra di preoccupazione mi coprì il volto.
    Ecco, ora mi sentivo in colpa.
    Non dovevo arrivare con certe uscite.
    William è... molto suscettibile, ecco.
    E' come un bambino, per certi versi.
    Così puro, così allegro, così pronto ad osservare con meraviglia il mondo.
    Ci assomigliavamo tanto, sotto questo punto di vista.
    Entrambi amavamo la vita.
    Scoprirla insieme, poi, era il più bello dei doni, per noi.
    Ancora preoccupata, mi ripresi solo quando si scostò dal muro in pietra viva, girandosi verso di me.
    Ancora stringevo al petto il grosso libro rilegato in cuoio.
    Will si avvicinò e mi diede uno scherzoso colpetto, al quale reagì ironica, con una smorfia, cercando di proteggermi con il volume.
    Mi rimbeccò, bonario e dolcissimo come sempre, alzando gli occhi chiari al cielo.
    Guardandolo, il cuore sussultò appena.
    Il suo sguardo era bellissimo.
    Mai avevo visto occhi simili.
    Così... pieni di vita.
    Erano esattamente del colore del cielo autunnale.
    Puliti. Intensi. Bellissimi.
    Torturandomi il labbro inferiore, scacciai quel pensiero.
    Era William, non potevo.
    Il mio migliore amico. Il fratello maggiore che non avevo mai avuto. Il padre che avevo sempre desiderato...
    era tutto, per me.
    Eppure, il mio cuore, avido, avidissimo... voleva di più.
    Non potevo permettermelo, però.
    Se avessi cercato di fare qualcosa... l'avrei perso.
    Non volevo nemmeno pensare a questa possibilità.
    Staccai lo sguardo da lui, dirigendolo verso il pavimento di pietra.
    "Mi dispiace, non volevo spaventarti. E' solo che..." cominciai, con un velo di imbarazzo, tenendo ancora gli occhi bassi.
    "... non vedevo l'ora che arrivassi, ecco." ammisi, rossa in viso, per poi sorridergli timidamente.
    Non c'era nulla di male, in questo... no?
    Fortunatamente, però, non mi lasciò molto a pensare sulla cosa.
    Mosse una mano delicata, incitandomi a seguirlo fuori dalla biblioteca.
    I conti con la mia coscienza... potevano rimanere indietro.
    Quando fummo fuori dalla biblioteca, dopo qualche attimo di silenzio, Will propose sorridente di andare nel bosco.
    Mi illuminai, con un grande e coinvolgente sorriso.
    Adoravo andare nel bosco.
    Tornavo ad essere un tutt'uno con la Natura.
    E lui... era con me.
    Inoltre, le nostre visite nella foresta implicavano sempre la magia.
    Da quando gli avevo mostrato i miei poteri, accogliendo una reazione entusiasta, ci divertivamo con piccole cose.
    Adoravo fargli vedere quello che sapevo fare.
    Dopotutto, la magia era quello in cui riuscivo meglio.
    Ero orgogliosa di mostrargli la cosa.
    E poi, soprattutto... in questo modo, potevo essere veramente me stessa, con lui.
    La vera Ophelia.
    La strega.

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    Tenevo fra le mani un ciuffo d'erba fresca, mentre la osservavo, quasi disteso sul prato.
    C'era un venticello leggero, che muoveva delicato le foglie verdi degli alberi..
    E sentivo quasi freddo lì, con tutta quell'umidità.
    Eppure..non sentivo poi molto di tutto quello..il vento, il freddo...
    Ero cosi concentrato su di lei, su ciò che non avrei dovuto voler vedere.
    Magia.
    Ne avevamo parlato spessio io e padre Guglielmo, della magia.
    Lui preferiva chiamarla strgoneria, maleficio..Male.
    E io ero cresciuto con quest'idea perversa e contorta dell'arte magica da averne sempre un pò paura.
    Provavo ancora timore davanti ad Ophelia..ma non terrore.
    Più guardavo il suo sorriso radioso ogni volta che dalle sue dita fluiva energia, più mi convincevo che non era male.
    Il male non porta il sorriso, no?
    Ci stavamo mettendo nei guai, lo sapevo.
    E non ero sicuro di..comrpendere realmente la gravità della situazione al tempo.
    Forse ero troppo giovane, troppo spensierato al tempo..
    Guglielmo mi aveva detto spesso che i giovani avevano semrpe momenti di..smarrimento.
    Mi ero cheisto spesso se quello, quello con Ophelia..fosse il mio momento.
    Eppure lei era cosi dolce..e cosi brillante..e cosi gentile con me.
    Portava solo gioia..e un pò di inquietudine.
    Avevo paura..per lei, non di lei.
    Avevo paura che prima o poi venisse fuori il suo segreto.
    Perchè nulla può essere nascosto in eterno, ben che meno in una casa di Dio.
    Non volevo pensarci però. Avevo già fatto fin troppi incubi sull'argomento.
    E quello era il momento della giornata in cui Ophelia era davverof elice, non volevo rovinarle tutto col mio cattivo umore.
    Cosi mi concentrai su di lei, sul suo sorriso..
    E sorpattutto su quelle linee colorate che volteggiavano fra lei..quasi il vento le parlasse in tantissime lingue diverse.
    Dici che la magia può essere insegnata?- le chiesi divertito, guardandola in controluce, con gli occhi socchiusi.

    « La vita ci mette a dura prova a volte, l'unica cosa che può salvarci dall'oblio è ciò in cui si crede. »
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    Non ci volle molto, per uscire dal monastero.
    Eravamo lontani da tutto e tutti, nel nostro mondo personale.
    La nostra via di fuga era una piccola porticina di legno, in un angolo remoto e lontano del grande giardino interno della costruzione.
    Era l'uscita di servizio, in un certo senso.
    Quella grande ed ufficiale, sbucava sull'unica stradina che c'era nei dintorni, che, dopo chilometri e chilometri di sassi e polvere, portava in un isolato villaggio.
    La nostra porta, invece, quella tra la vegetazione, sbucava da tutt'altra parte.
    Apriva un panorama splendido, ornato da colori sempre diversi, a seconda della stagione.
    Nella luce mattutina, poi, tutto era ancora più bello.
    Il cielo azzurro e terso era chiarissimo, quasi si potevano intravedere le ultime, ritardatarie stelle.
    Ricordava i suoi occhi, quello spettacolo.
    E poi... c'era la Natura.
    Lei, la madre di tutti noi.
    Così splendida e rigogliosa.
    Ridendo allegra, sorpassai William, tenendo ancora il librone tra le braccia.
    "Muoviti, dai!" lo incitai, con un gran sorriso, mentre i piedi scalzi già balzavano tra l'erba fresca e morbida.
    La foresta era molto più comoda di quattro, opprimenti mura.
    Non c'erano limiti, nè costrizioni... semplicemente, vi splendeva la vita.
    Mi fermai solo dopo parecchi minuti, riempendomi la testa di immagini coloratissime e piene di gioia.
    Le avrei recuperate quella sera, quando sarei stata costretta a chiudermi in camera, in quella maledetta stanza di pietra.
    L'unica cosa che potevo fare, lì dentro, era sognare.
    Sognare quello che c'era fuori, quello da cui... William e tutti i suoi fratelli mi stavano proteggendo.
    Da loro.
    Rabbrividii, al pensiero, e mi voltai, cercando Will con lo sguardo.
    Si era seduto a terra, riprendendo fiato.
    "Scusa." mi giustificai, storcendo il naso divertita.
    "Lo so che correre non è esattamente la tua ideale di divertimento."
    Risi, tra il colpevole e lo scherzoso, e lo imitai, sedendomi sul prato verdissimo.
    La nostra lezione quotidiana poteva anche essere rimandata di qualche minuto, no?
    Avevamo tutto il tempo del mondo.
    Mi piaceva, come cosa.
    I limiti non fanno esattamente per me, come avrete già capito.
    L'unico che devo, e soprattutto, voglio rispettare è quello impostomi da Eleanor, tanto tempo fa.
    Poggiai il libro per terra, con delicatezza, trattenendo un sospiro.
    Aveva detto che sarebbe rimasta con me, per sempre.
    Avrebbe vissuto in eterno nella sua amata Natura, una volta... scomparsa.
    E io le credevo.
    La nonna non mi aveva mai mentito.
    Tutto quello che diceva, era vero, sempre.
    Sorrisi, chiudendo gli occhi, per poi ascoltare ciò che mi circondava.
    Io volevo sapere, volevo sapere riguardo a... qualsiasi cosa.
    Come al solito, l'energia cominciò ad arrivare, come un calore lento ma piacevolissimo.
    Sentivo pizzicare ogni centimetro di pelle, mentre la magia scorreva dentro di me, in un crescendo di senzazioni.
    Con un gesto fluido e calibrato, feci sollevare una brezza dolce, che portò nuovi e più intensi profumi.
    Il sorriso stanziava spontaneo sulle mie labbra, mentre ammiravo silenziosa lo splendore intorno a noi.
    I colori presero ad avvolgermi, come un arcobaleno dopo una giornata di pioggia.
    Il mormorio del vento portava parole lontane, che ancora non sapevo riconoscere.
    C'erano così tante cose da imparare.
    "Dici che la magia può essere insegnata?" sentii mormorare Will, con la sua voce inconfondibile, così vicina a me.
    Aveva gli occhi aperti, appena, con fare delicato e diverito, e mi sorrideva.
    "Certo." risposi impulsiva, lasciando scivolare via i colori sgargianti.
    "Non credo che sarei arrivata dove sono ora, se avessi dovuto imparare tutto da sola." aggiunsi, facendomi pensosa.
    C'era però un particolare piuttosto importante, da aggiungere.
    "D'altro canto, Eleanor diceva che non tutti possono apprederla." mormorai, con una mezza smorfia.
    Era così ingiusto.
    "La magia deve fare parte del tuo essere, perchè tu riesca ad impararla."

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    Edited by #peacemaker - 25/1/2011, 23:10
     
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    La guardavo con gli occhi appena socchiusi, il sole era troppo forte e lei corpiva appena quei raggi lucenti con la sua figura.
    Anzi..ad essere sincero..per me lei..lei era più splendente del sole!
    Esagero, eh?
    Bhè..può darsi, ma mi veniva spontaneo considerarla più..più splendida di qualunque stella o sole.
    Forse a causa dell'affetto profondo che ci legava..un affetto che a volte mi spaventava.
    Era..era oscuro, a volte non lo capivo tutto questo attaccamento.
    A volte non capivo il mio cuore.
    E mi preoccupavo..Padre Guglielmo diceva sempre che solo chi ha un cuore puro, un cuore senza segreti e limpido come l'aria fresca..è davvero buono.
    Con questa mia incertezza, con questa macchia..mi sentivo quasi sporco.
    E lei, paradossalmente, sembrava essere la causa di ogni mio singolo dubbio.
    Primo fra tutti il dubbio sulla magia. Era buona o no?
    Io ritenevo fosse un qualcosa di relativo, dipendeva da chi la praticava. Eppure Padre Guglielmo come tutti gli altri miei fratelli mi avevano detto che era un pensiero scorretto il mio.
    La magia, la stregoneria..è male, ed anche la più pura della creatura se corrotta dalla magia diventava male vivente.
    Mi preoccupava questo. Che Ophelia fosse destinata ad un destino talmente crudele?
    Avrei tanto voluto dirle di smetterla, a volte..di non usare più la magia.
    Di esportarla via dal cuore, di dimenticarla..
    Eppure non avevo il cuore di farlo. Lei viveva per la magia, l'amava.
    Come potevo io, suo fratello, suo amico..negargliela? Semplicemente non potevo.
    Sospirai, sconsolato per questi miei pensieri che tanto mi facevan penare. IL mio cuore sembrava quasi gnfio di dolore, per tutto.
    E dire che io avevo sempre voluto essere col cuore leggero come una piuma, per volare in alto lì dove risiedeva il nostro Padre con l'anima.
    A quanto pare avevo molta ma molta strada davanti.
    Le parole di Ophelia mi fecero riflettere. E cosi non tutti erano portati per la magia..per il..male? Io non lo ero?
    E la magia non fa parte di me..-conclusi tra il sollevato e il dispiaciuto.
    Scossi la testa, per poi sorriderle radioso come sempre. Non volevo darle segno di tristezza..non alla mia Phelia.
    "Chi va la?". Mi voltai. C'era qualcuno nei paraggi. Subito entrai nel panico.
    Che l'avesse vista? Che avesse visto cosa era capace di fare? speravo vivamente di no.
    Le presi la mano, alzandomi, dicendole sbrigativo:- Meglio andare, non è un posto sicuro questo

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    Adoravo mostrare a William ciò di cui ero capace. Lui... il suo sguardo cambiava, lo sapevo benissimo, quando mi osservava compiere magie di ogni genere. E poi... c'era dell'altro. Non era l'unica occasione in cui vedevo gli occhi di Will assumere una luce diversa, quella delle magie. Anche quando guardava me il suo sguardo si illuminava. Lo sapevo, lo sentivo... e lo vedevo. Ogni volta, però, cercavo di sfuggire alla cosa. Anche solo il pensiero mi faceva sussultare il cuore, e questo... non potevo permettermelo.
    Non c'era niente di cui lamentarsi, però: in fondo, la vita non era stata così ingiusta, con me. Mi aveva privato di tante cose, certo, ma aveva anche messo lui, sulla mia strada. William. L'unico amico che avessi mai avuto. Colui che... amavo. Oh, anche lui aveva detto di provare lo stesso, per me. Quella volta, per poco non ero morta dall'imbarazzo, sopraffatta dalla felicità. Purtroppo, però, sapevo che l'amore di cui parlava Will era ben diverso da quella che intendevo io. Il suo amore era qualcosa di... estraneo, se vogliamo, a questo mondo. Era un amore alto, incentrato su Dio. Dio, già. Lo ammetto, alle volte mi sono ritrovata ad essere gelosa, di lui. Will si è votato a lui, e a lui solo. Se le cose non fossero andate così... forse la mia, la nostra vita, sarebbe diversa. Ma forse, non avrei nemmeno mai conosciuto William. E questo, no, non lo sopporterei mai.
    Contenta, quindi. Lo sono, infondo. Ma devo anche esserlo. E quello, quello era un momento in cui mi sentivo davvero allegra. Tutta l'attenzione di Will era puntata su di me, e parlavamo di magia. Tutto era così perfetto.
    Sorrisi, immersa nel sole mattutino, intenta ad ascoltare la splendida melodia della Natura. Era così facile... non capivo come potesse risultare problematica, la cosa. Mi bastava chiudere gli occhi, e sentivo ogni cosa. E tutto era così meraviglioso...
    La voce di Will, però, mi apparve appena turbata, quando, dopo qualche minuto di pensoso silenzio, constatò che la magia non aveva nulla a che fare con il suo essere.
    Lo guardai, con dolcezza, e gli presi delicatamente una mano.
    "Questo non è di certo un male." mormorai, gentilmente. Ero convinta, però, delle mie parole. La magia era una parte profonda ed essenziale di me, ma... non necessaria in ognuno di noi.
    Ma William scosse appena il capo, con la sua solita, dolcissima tenerezza. Era così puro, così perfetto... non riuscivo a trovare un briciolo di malvagità, in lui.
    "E poi, credo che ognuno, a suo modo, abbia una sorta di magia, dentro di sè." spiegai, con un sorriso. Ovviamente, nel suo caso, mi riferivo alla sua innata e dolce bontà. Non poteva esistere persona più buona e gentile di William.
    Di colpo, però, l'atmosfera cambiò. Io, sempre attenta a ciò che ci circondava, non avevo sentito nulla. Lo ammetto, avevo focalizzato tutta la mia attenzione su Will, senza prestare più il minimo sguardo a tutto il resto.
    Mi guardai intorno, spaventata, cercando di ritrovare la concentrazione. Ma non ci fu nulla da fare, non riuscivo a focalizzare se davvero ci fosse qualcosa di strano, lì intorno.
    Rintronata, mi ritrovai in piedi, la mano stretta delicatamente in quella di Will, intenti però ad allontanarci velocemente dal nostro luogo segreto.
    Presi da quella fastidiosa e negativa frenesia, dimenticammo ogni cosa. Anche la più importante delle prove: il tomo che avevamo portato con noi.
    Ma allora, non me ne preoccupai. Anzi, diciamo pure che non me ne accorsi neppure. Dopotutto, stavo fuggendo con William... e questo oscurava tutto il resto.

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    Edited by #peacemaker - 25/1/2011, 23:09
     
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    Brividi. Il mio corpo ne era invaso.
    Non ricordavo di aver mai provato cosi tanta paura in vita mia.
    La paura era un sentimento particolare, negativo. Padre Guglielmo diceva sempre che il nostro cuore resta calmo e sereno finchè è circondato dal bene, ma basta solo una piccola goccia di male perchè subito si entri in agitazione.
    Non volevo pensarci, non volevo nemmeno ipotizzare la cosa. Ma quel pensiero mi dilaniava.
    Era Ophelia la goccia di male? Una creatura cosi bella.. e pura.. e dolce, gentile, delicata.. No, non era possibile.
    Sebbene m'avessero insegnato che è nel bello che si nasconde il diavolo, io nella mia Ophelia vedevo solo un'amorevole sorella.
    Una sorella con un dono, non con un castigo.
    Un dono che doveva esser nascosto, però.
    Continuavo a chiedermi chi fosse venuto qualche minuto prima lì, sul prato. Ma soprattutto continuavo a chiedermi se l'avesse vista.
    In tal caso, non dovevo preoccuparmi. In fondo non c'era modo per risalire a noi due.
    E io l'avrei protetta in caso, l'avrei protetta fino alla fine, davvero.
    Stringevo agitato la mano di Ophelia mentre camminavamo, facendo il percorso a ritroso verso il monastero.
    Non avevo aperto bocca per tutto il tragitto, tanto era grande la mia preoccupazione.
    A volte lanciavo qualche sguardo ad Ophelia, come a controllare se almeno lei fosse tranquilla.
    Non entrai nel monastero, ma mi diressi in fretta verso l'orto.
    A quell'ora fra' Giacomo non era impegnato a cogliere gli ortaggi, era occupato in cucina ad aiutare.
    Per cui, ero sicuro che almeno lì saremmo stati al sicuro. Una volta arrivati lasciai la mano di Ophelia, sospirando pesantemente.
    Mi appoggiai al muro in pietra con la schiena, portando lo sguardo in alto, verso il cielo che si copriva di qualche nuvoletta candida.
    Abbiamo..abbiamo rischiato troppo- dissi dopo un pò, senza guardarla, chiudendo gli occhi.
    Non avrei voluto dirglielo, non avrei voluto privarla di tutto quello..ma sembrava l'unica soluzione. Eppure di fronte a quel suo sguarod non riuscivo a dirle di smetterla con la magia. Sarebbe stato un colpo troppo duro. Lei mi avrebbe ubbidito, come una brava sorella, ma ne avrebbe sofferto.
    Siamo costretti a cercare un altro posticino, tutto per noi, mi sa!- le dissi, sorridendole lieve, cercando di cancellare tutta quella tensione.

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    Non riuscivo a non pensarci. Era più forte di me. Sapevo che i miei pensieri erano a dir poco indecenti, ma non mi importava. Quella fuga, quella fuga dovuta a non si sa cosa, quella fuga improvvisa… mi stava facendo sperare. Il mio cuore batteva forte; non era però affaticato dalla corsa. C’era qualcos’altro, in quel tiepido tumulto. Il mio cuore… sperava, esattamente come me. I miei pensieri volavano al suo fianco, immaginando un futuro che mai ci sarebbe stato. William mi teneva la mano, mentre attraversavamo quello che era l’inizio della nostra nuova vita. Sognavo, sognavo fin troppo. Immaginai che William si fosse accorto dell’intensità del sentimento che provavo per lui, e che avesse capito di sentire lo stesso. Ora, voleva solo fuggire. Fuggire con me.
    Non avevo nemmeno bisogno di chiudere gli occhi: lui era al mio fianco, così come in quel momento. Diceva di amarmi… molto di più di quanto avesse mai amato il Signore. Empia, ecco cos’ero. Senza leggi né Dio. Eppure, il mio cuore continuava a fantasticare. Lo vedevo stringermi a sé come mai aveva fatto, in tutto quel tempo, pieno di un nuovo, dolcissimo amore. Lo stesso che io sentivo nei suoi confronti. Le sue labbra, il suo corpo…
    Mi sentii avvampare, e per poco non inciampai. Basta, dovevo smetterla! Quei pensieri erano immondi, non avrebbero nemmeno dovuto sfiorarmi. E poi… tutto quello che avevo appena visto era impossibile. Non sarebbe successo nulla del genere. Non l’avrei permesso. William, così facendo, si sarebbe macchiato per sempre. Non volevo costringerlo ad un’eternità nel buio, nell’Inferno. Come diceva sempre la nonna, se si ama davvero qualcuno… bisogna lasciarlo andare.
    Stavolta, il mio cuore sobbalzò, ma non di gioia. Quei ragionamenti così razionali e veritieri… mi facevano male. Ogni volta. Quella consapevolezza era un dolore lancinante, così come la mia coscienza. Tutte contro di me, tutte a dirmi di… smettere di sognare.
    Lentamente, rallentammo, così tornai alla realtà. William, vestito del solito saio marrone, respirava a fatica, conducendomi verso il monastero. Sentivo ancora il viso bruciarmi di imbarazzo, ma, per fortuna, lui non si voltò. Invece di entrare dalla solita porta, girammo verso l’orto. A quell’ora, fra’ Giacomo doveva star raccogliendo qualcosa per il pranzo. Lo vidi, infatti, chino tra i pomodori, mentre fischiettava allegro un motivetto.
    Per quanto cercassi di mostrarmi allegra, un vuoto mi era piombato sul cuore. I sensi di colpa mi attanagliavano. Ed i miei sogni… erano pungenti come lame. Con il viso basso, ascoltai silenziosa William. ”Hai ragione…” mormorai con un filo di voce. Già. Come sempre. Lui era quello razionale, lui era quello saggio. Io… mi preoccupavo solo di non dare a vedere ciò che davvero si nascondeva dentro al mio cuore.
    Strinsi le mani, quasi sfiorando quella che, fino a poco prima, era stata stretta alle dita di Will. Cosa avrebbe detto, ora? Che ero troppo pericolosa per rimanere ancora con loro? Con lui? Avrebbe avuto ragione, lo sapevo benissimo. Ero un pericolo per tutta la comunità, William in primis. Dovevo partire. Era… l’unica soluzione. ”William…” cominciai, incerta.
    Un attimo dopo, mi interruppi, fissando i suoi splendidi occhi chiari. Sorrideva, affermando che avremmo dovuto trovare un altro posto tutto per noi. Tutto quel peso che sentivo sul petto si alleviò… almeno in parte.
    Oh, avrei voluto abbracciarlo così tanto! Mi limitai a sorridere, tornando allegra come al solito.

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    Edited by #peacemaker - 25/1/2011, 23:08
     
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    Sapevo dell'influenza che avevo su Ophelia.
    Ogni mia parola per lei era pura verità da seguire, da professare, da amare.
    Avevo sempre visto la cosa in positivo. Ero cosi felice di avere una sorella cosi devota, che mi amava come se avessi il suo stesso sangue. E poi, bhè, era bello occuparsi di lei.
    Grazie a Phel m'ero sentito utile per la prima volta nella mia vita, avevo sentito di servire finalmente il mio Signore in qualcosa.
    Quando la vidi arrivare con Padre Guglielmo quel giorno apparve ai miei occhi come una pecorella smarrita, fragile ed impaurita.
    Saperla affidata a me all'inizio mi aveva spaventato. Ero in grado di occuparmi di qualcuno? O mi sarei perso nel tentativo?
    Ma il tempo passava e Ophelia imparava tutto ciò che le insegnavo, fino a non aver poi molto da imparare da me. Certo, a volte era fin troppo infantile e mi toccava riprenderla più volte, ma era una cara ragazza.
    Sospirai, passandomi una mano sul volto, stanco già di prima mattina. Vidi fra Giacomo camminare tranquillo, fischiettando come suo solito.
    Era proprio un uomo buono, costantemente di buon umore. Anche io lo ero, o lo ero stato.
    Avevo troppe preoccupazione da un pò di tempo a questa parte, ma padre Guglielmo aveva detto che era naturale. Crescendo si scoprivano nuove cose che, proprio per il loro esser nuove, ci mettevano un pò in difficoltà.
    Bisognava solo pazientare e il sereno sarebbe tornato a regnare nei nostri cieli. Si, ne ero convinto.
    Avevo notato per un attimo lo sguardo triste di Ophelia, ma non me ne preoccupai. Le capitava spesso di essere sovrappensiero e di incupirsi. Io non le chiedevo niente, perchè sapevo che se non mi diceva nulla a riguardo, era perchè non potevo sapere.
    Lo ammetto, l'idea che avesse dei segreti con me mi turbava, perchè io con lei non ne avevo.
    Ma era una donna, lo dimenticavo spesso, e le donne mi dicevano vivevano dei loro piccoli grandi segreti.
    Su, non penso che il Signore ci voglia sapere qui senza far nulla- le dissi, dandole una pacca sulla spalla, alzandomi e scotolando la tunica.
    E poi.. padre Gugliemo penso voglia parlarci, Phel- aggiunsi, con tono eloquente, come a convincerla a muoversi.

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    Edited by ;steppa yang - 11/8/2011, 14:20
     
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    Abbassai lo sguardo, in fretta, per non incontrare quello di Will. Dovevo resistere, dovevo nascondere ogni cosa. Fino a quel momento, c’ero pur sempre riuscita, no? Perché mai avrei dovuto cedere, così, tutto ad un tratto?... Un sorriso, però, mi era spuntato sulle labbra. La sua frase scherzosa e leggera era davvero riuscita a fare qualcosa. Non potevo, però, mettermi a sorridere così, come se avessi visto chissà quale miracolo, per una cosa tanto piccola. Quel sorriso mi bruciava sulle labbra, proprio come, fino a qualche secondo prima, avevo sentito ardere le guance.
    Volente o nolente, non potevo non sentire nulla, verso di lui. William era tutto per me, da un po’ di tempo a quella parte. Avevo perso ogni cosa, nella mia precipitosa fuga. Per poco, persino la mia vita aveva rischiato di essermi sottratta… poi, era arrivato Padre Guglielmo. A lui, per primo, dovevo tutto. Senza la sua indole generosa e tremendamente coraggiosa… non volevo nemmeno pensarci. E poi, sempre grazie a lui, ero arrivata lì. Al monastero. Da Will. William, che era, allo stesso tempo, per me, un padre, un fratello… ed il mio amore. Prima di incontrarlo, non avevo mai davvero capito cosa volesse dire provare un sentimento del genere. Certo, verso la nonna, verso tutto ciò che mi circondava avevo sempre provato qualcosa del genere. Ma mai il mio cuore aveva sobbalzato in quel modo, mai anche solo un minuscolo gesto era riuscito a cambiare così tanto una mia giornata. Quell’insieme sconvolgente di sensazioni era ancora quasi del tutto inspiegabile, per me. Tutto era, al contempo, bellissimo e terrificante…
    Odiavo mostrarmi così pensosa agli occhi di William; in fondo, avevo sempre paura che potesse sospettare qualcosa. Sapevo benissimo che questo era praticamente impossibile, data la sua indole così buona e fiduciosa, ma… il germe del terrore non mi abbandonava mai, dopo l’inizio della disgrazia. Insomma, non potevo fare a meno di lasciarmi andare, di tanto in tanto, alla preoccupazione, se non al terrore più puro. Avevo purtroppo scoperto come il mondo non fosse un luogo così splendido come invece avevo sempre pensato. Fortunatamente, però, non ero solita fare questo tipo di pensieri. La vita, al monastero, era stata una vera manna dal cielo, per me. Tutto quell’affetto, tutta quella devozione… e William, ovviamente. William.
    Immersa com’ero nei miei pensieri, quasi sobbalzai, quando lo sentii sfiorarmi. Nuovamente, essendo ancora troppo fragile per un colpo del genere, arrossii, non so quanto vistosamente, focalizzando la mia attenzione su di lui. Lasciai che il sorriso mi spuntasse sulla labbra, stavolta, con fare divertito. Annuii, appena, cercando di tornare il più in fretta possibile quella di sempre. Per quanto siano sempre in agguato, la preoccupazione e il peccato non mi perseguitano ininterrottamente. La retta via, per mia fortuna, non è mai completamente nascosta ai miei occhi. Ora, con un breve passo, tutto si sarebbe risistemato. O almeno, così volevo credere…
    Guardai quindi Will con fare interrogativo. ”Oh! Non vedo l’ora che ci riceva, allora.” cinguettai allegramente, mentre, come al solito, riprendevamo le nostre ‘scorribande’ per il monastero. Non a caso, eravamo i beniamini di tutti, lì dentro. Ero davvero curiosa: chissà cosa voleva comunicarci padre Gugliemo!
    Così, ci incamminammo verso l’interno, rientrando tra le salde mura di pietra.

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    Edited by #peacemaker - 25/1/2011, 23:06
     
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