I hereby solemny swear to tell the whole truth

Charlie, Alexis, Lara E Kiwan!

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    Non mi sono mai piaciuti gli aerei. Ma credo che questo lo sappiate già. Ricordate il viaggio a Parigi? Ecco, anche lì, stare su quella ferraglia volante, non era stata una cosa molto divertente. Però... però c'è da dire che... gli aerei non mi fanno paura! Non mi piacciono, certo, ma non mi creano nemmeno tutta quell'apprensione che invece provo rispetto a tante altre cose. In ogni caso, comunque, il viaggio era molto più breve. Anche se, in ogni caso, avevamo da sorvolare parecchi stati, per arrivare a destinazione! Dove ci stavamo dirigendo? In... Texas, signori. Vi dice qualcosa, il nome di questo stato? Avanti, un piccolo, piccolissimo sforzo... c'entra con me, ovviamente. Ricordi, ricordi, ricordi. Ho passato buona parte della mia vita in quel posto. E lì che risiede la mia famiglia, dopo che ce ne siamo andati dalla cara, vecchia Inghilterra. Sebbene non potrei dimenticare mai e poi mai la mia patria, sono molto affezionato anche a questa 'seconda casa', se vogliamo. Certo, però... qui i ricordi si fanno sempre più intensi e anche dolorosi, non posso negarlo. E' lì che è cominciata ogni cosa, con Juliet... ma non ne ho voglia di parlarne. Né avrebbe senso. Ora è tutto diverso. E non posso che essere felice, per questo.
    In ogni caso, eccovi spiegata ogni cosa. I Monaghan al completo su un aereo in volo dallo stato di Washington a quello del Texas. Poveri passeggeri, eh? In realtà, si stavano comportando bene, quei due. Anzi, devo dire che erano stranamente silenziosi. Kiwan fissava il cielo fuori dal finestro, con aria assorta e incantata. Sì, il paesaggio, da lassù, era bellissimo, questo è innegabile. Però... ci pensate se l'aereo viene giù? Probabilmente l'equipaggio rimane secco. Ci sono pochissime probabilità di salvarsi, a quanto dicono i sondaggi. Solo nei film i sopravvissuti finiscono chissà dove...!
    Va bene, va bene, la smetto. Non voglio di certo portarci sfortuna, con tutto questo. Di cosa parlavo? Ah, dei ragazzi. Kiwi studiava attento ciò che lo circondava. Lara, invece, era immersa in un libro, e non dava alcun segno di voler fare altro. Beh, almeno così si passava il tempo.
    Lanciai un'occhiata ad Alexis, guardandola allegro. In mezzo a noi sedeva mia figlia, ma era così presa dal suo libro che nemmeno se ne accorse. Mi sentivo in subbuglio, questo è innegabile. E, ogni volta che la guardavo, la cosa non faceva che peggiorare. Comunque, cos'è che avete? Cerco di... sviare qualcosa, dite? Naaa. Perchè mai dovrei? Forse per non aver ancora spiegato la ragione del nostro viaggio? Beh, credo sia facilissimo da indovinare. E' passato poco più di un mese, da quella sera così magica. Sì, da quando Alexis ha accettato di sposarmi. E anche l'opposto, come volete. Sapete come siamo fatti, mai che una cosa proceda in modo completamente normale, a casa nostra!
    Sorrisi, a quel pensiero, per l'ennesima volta. Adesso... adesso io Alex siamo fidanzati. Ufficialmente, signori. Non come quella volta che l'intero ristorante venne invitato al nostro pseudo matrimonio...! Stavolta, è tutto vero. Ed è così emozionante. Comunque, comunque, va bene. Credo, a questo punto, che abbiate capito ogni cosa. Stiamo andando in Texas per annunciare la cosa ai miei genitori. Io e Al ci sposiamo.



    Edited by #peacemaker - 29/11/2010, 21:20
     
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    Alexis Speed ~ SLAYER
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    "Look at the stars! Look how they shine for you and everything you do..". Avrei dovuto essere agitata, sotto pressione e molto molto su di giri. Invece, con mia sorpresa, invece di farmi pare e pare mentali canticchiavo nella mia mente yellow, dei Coldplay. Non so perchè proprio questa poi.. Avete anche voi canzoni dedicate a certi vostri stati d'animo? Ecco, Yellow per me era semplicemente la canzone.. della felicità, ed in quell'ultimo periodo Charlie sa quante volte l'ho ascoltata in casa.. Osservavo Kiwan che, seduto accanto a me, fissava tra una serie di "ooh" e "wow" le nuvole che, lo sapevo, gli piacevano tantissimo. Gli accarezzai dolcemente i riccioli, sorridendo ancora di quella meraviglia di colori che era mio figlio : biondo, pelle scura, occhi chiari.. insomma, da grande sarebbe stato l'idolo di tantissime ragazze! Ah, prevedevo già grandi crisi da mamma apprensiva e possessiva.. Ma era meglio evitare di pensare queste cose, và. Lasciai una mano poggiata sulla sua spallina, mentre cercavo di scorgere anche io un pò di paesaggio quando.. ecco, sorrisi. mi voltai e osservai Charlie. non riuscivo a cpire come e perchè, ma sentivo sempre quando Charlie mi guardava.. E subito, istintivamente, mi voltavo semrpe a cercare di incontrare i suoi occhi.
    Con la mano sinistra ,che, da un pò di tempo a quella parte, era impreziosita da quell'anello che mi diede in maniera così strana, cercai di raggiungerlo, attenta a non infastidire Lara che, quando leggeva, diventava particolarmente suscettibile.
    Gli sfiorai il viso, i capelli, accarezzandolo lievemente: ricordavo che a Charlie gli aerei proprio non piacevano, per cui pensai si sentisse a disagio o chessò io. Per fortuna almeno lì, su quel grande volatile di metallo, non faceva "l'apprensivo", di quelli che ti predicono tremila disastri aerei eccetera eccetera.
    Oh, chiedete cosa ci facessimo in un aereo? Semplice, andavamo da mamma e papà ( suoi, ovviamente) ad annunciare il nostro matrimonio. Nulla di così strano, no? No?.. E allora perchè io già sapevo che una volta messo piede a terra sarei morta di crepacuore? I genitori di Charlie a dire il vero li avevo già conosciuti, ma..bho, li avrò visti una volta o due, non di più. Kiwan, dal canto suo, credo se ne ricordasse davvero poco. Insomma, di nonni se ne intendeva proprio poco poco. Nonni.. Mh.. mi chiesi se.. no, non dovevo assolutamente pensarci. Un nonno ed una nonna bastavano. Che mio padre fosse o non fosse parte della mia vita.. che cambiava oramai? Non pensavo più di aver bisogno di lui. Ancora carezzandogli una guancia gli chiesi, a bassa voce e con un sorrisetto ironico: - "Agitato, my love?". Chiedere questo a Charlie era come chiedere a Gatto Silvestro se voleva papparsi Tweety, o sbaglio?
     
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    Era un bel pò che non vedevo i miei, a pensarci. Le ragioni erano svariate, ed erano pure cambiate, con il passare del tempo. Di certo c'era solo il fatto che, ormai, mancassi da casa da parecchi anni. Diciamo pure sei, come minimo. Da quando... beh, da quando io e Lara ci eravamo trasferiti lassù, così lontano, a Forks. A casa c'erano troppi ricordi. I miei genitori erano stati parecchio comprensivi, a riguardo. Erano loro a spostarsi, a venire così lontano per vederci. La cosa, in teoria, avrebbe dovuto durare giusto il tempo necessario per riprendersi.
    In realtà, però, le cose erano andate in modo molto diverso. Era diventato normale, che io non tornassi a casa. Anche in compagnia di Alexis, non ne avevo voluto sapere. Nessuno aveva detto niente, però. Non avevo sentito commenti, lamentele... nulla. Eppure, fino a quel momento, non mi ero mai reso conto di quanto, in realtà, avessi paura. Paura di quei luoghi, di quel passato quasi soffocante.
    Ora, tutto questo, mi faceva sentire in colpa. Per i miei timori, per la mia paura di scontrarmi con il passato, i bambini non vedevano i nonni da fin troppo tempo. Kiwan, in particolare, ovviamente. Si ricordava di loro? Ricordava i suoi pochi Natali, le feste in cui anche loro erano intervenuti?
    Ok, non c'è niente da fare. Mi ero ripromesso di non angustiarmi, per qualsiasi cosa. E questo rientrava nella categoria. Chiusi gli occhi, per un attimo, riconcentrandomi su pensieri ben diversi. Quasi all'istante, un lieve sorriso mi si ridipinse sulle labbra. Avremmo risolto ogni cosa. Anche quel mio stupido timore. Le cose sarebbero cambiate. Mi rilassai, rendendomi conto, solo in quel momento, della leggera agitazione in cui ero caduto, per quei pensieri.
    Poi, incontrai il suo sguardo. Mi venne quasi da ridere: ogni volta riusciva a stupirmi. Come se nulla fosse, Alexis mi beccava sempre, intercettando i miei occhi. La cosa, in effetti, non era poi così strana. Lei ha una sorta di sesto senso, se vogliamo. Che si diverte ad usare anche con il sottoscritto. In ogni caso, ogni dannata volta, la cosa mi divertiva e lasciava un attimo interdetto.
    Il mio sorriso si allargò, soddisfatto ed allegro, mentre, quasi involontariamente, mi sporsi appena verso di lei. Lara non si mosse di un millimetro, ma, per fortuna, non si lamentò nemmeno. Era divertente quanto i libri riuscissero a catturare la sua attenzione. Certo, quest'effetto incantatore credo lo facciano su chiunque, ma, vederlo agire su di lei, mi faceva sorridere. Finiva in un mondo tutto suo.
    Socchiusi appena gli occhi, quando Al mi sfiorò, e non mancai di fare una smorfia alla sua domanda. Inarcando un sopracciglio, la guardai con finto fare indispettito.
    "Molto spiritosa...!" commentai, storcendo il naso. Proprio una domanda adatta al sottoscritto, quella. Io agitato... una barzelletta, insomma! Scossi appena il capo, pseudo esasperato. "Sarai stupita da tutto questo, ma... no, non lo sono." Mi lasciai sfuggire un sorriso colpevole. "O almeno... non così tanto!"
    Avanti, la mia risposta era vera, in fondo! Più che agitato, mi sentivo dispiaciuto. Per i miei, per i ragazzi... e per la mia stupidità. L'unica cosa che poteva farmi preoccupare era, invece, come si sentisse qualcun'altro...!
    "E tu?... Sai, vedere i suoceri non è il sogno di nessuno!" non mi trattenni dunque dal chiederle, scherzando sul rapporto nuore, generi e genitori vari.
     
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    Alexis S. or M.?||one love, one life||anno 2011 d.C.

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    Non capitava spesso che noi Monaghan ( bhè, io ero una quasi Monaghan) lasciassimo Forks. Eravamo molto borghesi, sotto questo punto di vista : per noi la vita era una tranquilla e dolce routine. No, no, non era noiosa, affatto, anche perchè nella nostra quotidianità c'era sempre divertimento, o gioia, ma soprattutto amore. E se in una casa c'è amore è impossibile annoiarsi, almeno cosi la pensavo da quando avevo Charlie al mio fianco.
    Dicevo comunque che non eravamo affatto tipi mondani. Per cui vi lascio immaginare come la prospettiva di un viaggetto avesse elettrizzato me e i bambini. Charlie era un caso a parte, anche perchè la meta era casa sua, doveva per forza di cose pensare a quel viaggio con sentimenti diversi dai nostri. Mi ero sforzata di capirlo, di cercare di scovare in me un qualche sentimento di nostalgia per la mia casa. Ma non ci riuscivo. Sia perchè non sapevo dove ero nata, sia perchè per me la casa era formata da persone, non da una città o uno stato,ecco. E, strano a dirlo, ma ormai la mia casa era dove eran loro. Lara, Kiwi e Charlie erano il mio tutto, e probabilmente risulto noiosa e mielosa, ma lasciatemelo fare di tanto in tanto. Comunque, subito dopo aver festeggiato con i bambini, anche io ero entrata nel panico più totale. Diamine..stavo andando ad incontrare i suoceri, non era affatto una cosa da poco. Cosa mettere in valigia? Che vestiti? Ammettiamolo, se avessi messo i vestiti di tutti i giorni mi avrebbero dato della barbona fuori moda. Charlie non s'era mai lamentato per il mio look, anzi, probabilmente non notava nemmeno come mi vestivo . No, non intendo dire che era troppo occupato a guardare qualcun'altra..come..bu, un nome a caso, la sua segretaria - sgrunt- , ma che era semplicemente con la testa sempre e costantemente fra le nuvole. Era già tanto che si ricordasse il suo nome e cognome, a volte!
    Alla fine optai per mettere in valigia le prime cose che mi capitarono a tiro : speravo solo che tra quel mucchio non ci fosse la maglietta dell'orso Yogi, o quella di Spongebob..o ancora peggio, quella di Bambi! Sarebbe stato un suicidio sociale,davvero. Mi sentivo un pò come Ben Stiller in "Ti presento i miei" : avevo paura di combinare gaffe assurde, stupide e ridicole. E probabilmente le avrei anche fatte. Speravo solo che Charlie le facesse con me, cosi da far capire alla suocera che nel bene o nel male eravamo davvero fatti l'una per l'altra.
    Risi quando Charlie mi rispose ironico. In effetti il mio C aveva dei comportamenti standard, ammettiamolo, come la sua iperansietà, per farci capire. Ma invece ecco, mi disse che non era poi cosi tanto agitato. almeno lui.. era già una cosa rassicurante, no? Poi ecco, fece a me la fatidica domanda.
    Feci un respiro profondo, facendo una faccia assurda che mi fece somigliare motlissimo al pokemon Giglipuff - " Ecco.. uhm, non è che io abbia paura ovvio "- iniziai, cercando di fingermi diplomatica - " Non vorrei però fare figure di merda, ecco, diciamocela tutta! Anche perchè, avanti, ho il 97% di possibilità di cadere dalle scale dell'aereoporto, rotolare stile birillo e finire ai piedi di tua madre che sconvolta fa scivolare dalla presa delle mani il cartello grande quanto una casa con scritto " QUI MONAGHAN"... ma ovviamente no, apparte questo sono realizzata"
    Chiusi il becco finalmente, riprendendo aria e rendendomi conto che quel che avevo detto era assurdo. Ma se per un'assurda coincidenza fosse capitato? Come avrei dovuto reagire. Grande dilemma. Avrei chiesto consiglio al mio guru personale - Lara- se non stesse leggendo Harry Potter. E si sa, quando è immersa in quelle pagine, meglio non toccarla.

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    Edited by ;apple - 6/2/2011, 14:17
     
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    Charlie Monaghan|| You and I are gonna live forever|| anno 2011 d.C.

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    Vedere la situazione rovesciata, per una volta, era parecchio divertente. Non ero io quello preoccupato ed ansioso, né temevo di fare chissà quali figure. Per un motivo non propriamente sconosciuto, vedevo riflesse quelle che di solito erano le mie paure su Alexis. Certo, la cosa non mi rendeva sicuramente felice, anzi. Ma… era grottescamente assurda, ecco.
    Suoceri a parte, il fatto stesso di andarsene da Forks era già una grande novità, per noi. Le vacanze passavano sempre troppo in fretta, dunque non c’era mai abbastanza tempo per fare un viaggio come si deve. Parigi… ecco, ho detto tutto. L’ultimo nostro vero viaggio era stata proprio la capitale francese, là dove era nato Kiwan. Già… erano passati anni, ormai! La cosa, ovviamente, mi dispiaceva. Tenere i bambini ed Al relegati nella piovosa e triste Forks non era certo il massimo. Mi sarebbe piaciuto che vedessero il mondo, avendone la possibilità. Eppure, fino a quel momento, non si era ancora presentata alcuna occasione propizia. Anche quel viaggio… beh, non era esattamente una vacanza. Per me, ovviamente, era un vero e proprio ritorno a casa. Dopo il fatto non avevo più avuto il coraggio di andare dai miei, in Texas. Lo so, un comportamento da vigliacco, il mio. Come biasimarmi, però? Ogni cosa, in quel posto, poteva potenzialmente ricordarmi qualcos’altro… adesso, però, le cose erano cambiate. Non ero più così fragile come un tempo; e tutto, soprattutto, non faceva più così male. Non posso negare, però, che una parte di me, non so esattamente quanto ampia… aveva paura. Ancora. In fondo, non sapevo come avrei reagito. Essere dannatamente emotivi è schifosamente schifoso, sempre. Mi rimproverai, tra me e me, per quei pensieri così stupidi. Non era forse vero che, d’altro canto, ero felice di tornare a casa? Avrei riabbracciato i miei genitori, mio fratello… il resto della nostra famiglia. I bambini, finalmente, avrebbero conosciuto tutto e tutti. Ed Alexis… si sarebbe inserita benissimo, ne ero sicuro. Qualche volta, alla fin fine, aveva già incontrato i miei genitori. Erano venuti a trovarci, soprattutto dopo la nascita di Kiwan. Il tutto era durato al massimo una manciata di giorni, ma, in ogni caso, Al aveva avuto modo di approcciarsi a loro. Solo… stavamo andando in territorio nemico, per lei, dopotutto. Ecco, vista così, la cosa, tornava a farsi divertente.
    In ogni caso, ero sicuro che se la sarebbe cavata egregiamente. Già mi immaginavo Martin intento ad intrattenerla con le sue solite, amorevoli idiozie, sotto lo sguardo esasperato della povera Rose. Ancora mi chiedevo come diavolo facesse a sopportare quel pazzo di mio fratello…! Fratello che, sicuramente, si sarebbe messo a raccontarle della mia infanzia da bambino timido e della mia vita da adolescente introverso…! Insomma, una vera tragedia. Solo per me, almeno. Chiunque si divertirebbe, stando ad ascoltare il mio assurdo fratello!
    Tutto questo, però, sarebbe arrivato in un secondo momento. Eravamo ancora lì, su quel dannatissimo aereo, ancora con parecchie ore di viaggio davanti a noi. Come un adolescente innamorato, mi beai della sua risata divertita, per poi ridere a mia volta, data la sua espressione sbuffante. “Certo, come no! Ti ricordo che stai parlando con il signor Patata, il re delle paure insensate!” decretai, per nulla serio, però. Mi zittii, però, subito dopo, lasciandola continuare. Per quanto la scena immaginata nella sua testa fosse davvero fin troppo iperbolica, aveva bisogno di sfogarsi. Le sue paure erano più che lecite. Anche io… anche io ne avrei avute, al suo posto. A quel pensiero, mi tornarono in mente fin troppe cose. Suo padre, quel padre sparito nel nulla, ormai da anni… quelli che erano stati i miei suoceri… il rapporto che avevo avuto con loro, però, era stato fin troppo diverso. Facevano parte della famiglia da sempre, per certi versi. Ero il loro figlioccio, così come Juliet era stata, per tanto tempo, una sorta di Monaghan adottiva.
    Mi persi negli occhi color cioccolato di Alexis, e tutto svanì. Quel peso che già sentivo sullo stomaco si affievolì, facendomi tirare un sospiro di sollievo. Le sorrisi, cercando di infonderle quella calma appena ritrovata. “Ehi…” Continuai a guardarla negli occhi, scostandole una ciocca da viso. “Stai tranquilla. Andrà tutto benissimo, ne sono sicuro. Se anche dovessero succedere le cose più imbarazzanti del mondo… ci sarò io con te, pronto a metterci la faccia al tuo fianco.” le dissi con dolcezza, nascondendo dietro ad un tono vagamente scherzoso la pura verità. Con lei al mio fianco, sentivo di non dover avere paura di niente e di nessuno.
    “E poi…” aggiunsi, qualche secondo dopo, con tono più basso e teatralmente grave. “Se ora cominci anche tu a farti prendere dal panico, io come faccio?!” Ridacchai, a quella che poteva sembrare l’ennesima idiozia. Purtroppo, però, la cosa era tragicamente vera, e lo sapevamo benissimo entrambi. Parlando, le presi una mano, per poi intrecciare le dita con le sue. Il passato… poteva rimanere nell’ombra un altro po’.

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    Edited by #peacemaker - 10/2/2011, 23:19
     
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    Alexis S. or M.?||one love, one life||anno 2011 d.C.

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    C'era qualcosa di maledettamente insensato in tutto quel trambusto di pensieri, di parole dette senza pensare e di dubbi. Ci misi un pò a capirlo, sebbene la cosa fosse palese, ovvia. Ed immagino che anche voi siate, quanto me, spiazzati dalla cosa. Ma di cosa sto parlando, vi starete chiedendo? Bene, mettiamo le carte in tavola, è inutile girarci attorno. Charlie mi stava rassicurando. Minuto di silenzio prego... L'avete fatto? Bene, rifatelo, perchè la cosa è cosi sconcertante che meriterebbe anche un'ora di assoluto silenzio, ma qui siete tutti di fretta e non avete tempo. E anche io non potevo lasciare lì per un'ora Charlie senza parlargli, sarebbe entrato in paranoia, pensando che da un momento all'altro l'avrei lasciato, romprendo il fidanzamento, portandomi via Kiwan e trasferendomi in Paraguay.
    Si, Charlie tendeva all'estremizzazione di qualsiasi evento e vi assicuro che di pensieri simili almeno una volta al giorno ne fa. Non riuscivo a capire perchè non avesse fiducia in sè stesso. A volte credevo fosse per il fatto del divorzio da Juliet, argomento che non toccavamo mai e che in effetti avevamo affrontato solo una volta. Ma sapevo quanto lo avesse fatto soffrire, quanto lo avesse segnato. Oddio, ora che ci pensavo.. io sarei stata la seconda moglie di Charlie! Era..tragico! Se per me sarebbe stato tutto nuovo, l'organizzazione, gli invitati, il vestito, la cerimonia eccetera.. per lui sarebbe stata come una cosa già vista e rivista! E forse non avrebbe provato le mie stesse emozioni. Per una volta non saremmo stati all'unisono. Magari non avrebbe nemmeno voluto la cerimonia, perchè non voleva perder tempo in..cose inutili... Oddio, no dovevo assolutamente darmi una calmata, certi pensieri non mi si addicevano e non avevano nemmeno senso.
    Charles Monaghan mi amava follemente e il nostro matrimonio sarebbe stato spettacolare. Punto, non dovevo pensare altro all'infuori di questo.
    Guardai Charlie che teneramente mi rassicurava (?), dicendomi che era disposto a mettere la sua faccia accanto a quella mia in caso di figura di merda. Non ne dubitavo. In effetti i miei timori, sebbene leciti, erano davvero sciocchi. Avevo già incontrato i genitori di Charlie e l'unica cosa che mi rimproveravano, in un certo senso, era quella di essere esageratamente energica. In effetti tra l'imbarazzo e la tensione di fronte a loro diventavo peggio d'un uragano. E loro, non essendo abituati alla mia spensieratezza come invece lo era il mio C, mi avevano quasi preso per pazza, ne ero certa. Stavolta era diverso dalla prima volta. Mi avevano già conosciuta, e sarebbe stata un'esperienza meno traumatica. Oddio, meno traumatica non proprio. In fondo stavamo andando lì per annunciare il fidanzamento, non certo per dire che era finita la serie dei Teletubbies!
    -La fai facile...- dissi, sospirando preoccupata, ma lievemente più calma- non sei di certo tu quello che deve incontrare i suoceri! Anzi, sei cosi fortunato che non dovrai mai farlo!- e senza accorgermene, avevo buttato sul ridere la questione dei miei genitori. Ecco, altro punto dolente nelle nostre conversazioni. Charlie a volte provava ad entrare in argomento, cauto e delicato come sempre, ma si ritrovava davanti una Alexis irritata e scontrosa che subito chiudeva l'argomento, lasciandolo in preda a dubbi e preoccupazioni. Sapevo che avrei dovuto parlare con lui, sapevo che avrei dovuto aprire il mio cuore anche su quest'argomento. Ma mi era impossibile. Aprendo la porta a Charlie mi ero decisa a chiuderla a mio padre. Era semplicemente qualcosa di chiuso. Non cercavo tracce di Douglas da anni oramai, sebbene a volte mi capitasse di pensarci.. e il pensiero di mio padre s'era fatto meno doloroso e più rassegnato.
    Lasciammo cadere il discorso, anche perchè io mi voltai verso il finestrino, senza più lanciargli uno sguardo. Il viaggio in aereo proseguì in questa calma strana, un pò fastidiosa, rotta solo dai bambini che di tanto in tanto dicevano una delle loro, facendoci sorridere e ridere felici. Una volta arrivati, presi in braccio Kiwan che, ancora, si ostinava a non voler camminare se c'era la mamma che poteva portarlo, e presa qualche valigia -le altre le lasciai a Charlie- scesi dall'aereo seguita a ruota dal resto della famiglia. Non sapevo se i genitori di Charlie ci avrebbero accolti o meno o se noi saremmo dovuti andare dritti dritti a casa loro, per cui, in aereoporto, mi voltai verso Charlie .- E adesso..?

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    Charlie Monaghan|| You and I are gonna live forever|| anno 2011 d.C.

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    Era davvero così assurdo che per una volta i ruoli fossero invertiti? Che non fossi io quello pieno di paure, insicuro, completamente dipendente da lei? Probabilmente sì. Sapevo però che era tutta un’illusione. Anche quella volta ero pieno di dubbi e, soprattutto, di grandi buchi neri. Ma… non potevo parlarne con Alexis. Non volevo farlo. La cosa mi faceva male, questo devo ammetterlo. Per quanto tra noi esistano ancora, assurdamente con tutta probabilità, degli argomenti tabù, sono il primo a cercare di abbattere questa barriera. Trovo insensato non poter parlare con lei di qualsiasi cosa. Ed infatti, la maggior parte delle volte, riusciamo, in un modo o nell’altro, ad ovviare questo problema. Però… ci sono ancora loro, quelle due grandi porte chiuse a chiave, nelle nostre teste, nei nostri cuori, che, di tanto in tanto, vengono aperte solo di un piccolo spiraglio. Lionel e… Juliet. La coppia tabù, la fonte della maggior parte dei nostri problemi. Ancora ricordo benissimo l’ultima volta che questi due cancelli sono stati aperti. Non è stato esattamente piacevole… ma abbiamo fatto qualche passo avanti.
    Stavolta, però, la situazione era diversa. Stavamo andando là dove tutto era successo, dove… avevo vissuto un’altra vita, completamente diversa da quella attuale. Il Texas era la terra del passato, del mio passato. Quel passato che ancora, a distanza di così tanti anni, mi faceva male ricordare. Quel passato che, adesso, sarebbe stato solo un errore disseppellire. Non avevo mai fatto confronti tra le mie due vite, né mai vorrò farne. Non avrebbero senso e rischierebbero solo di farci soffrire. Juliet è un capitolo chiuso, ormai da tanto tempo. Eppure, durante quel volo, non riuscii a distaccarmi completamente dai ricordi. Quello che mi angustiava, in particolare, era quello che avrebbe potuto provare Al, sapendo, anche senza bisogno che io dicessi niente, tutto quello che là dove stavamo andando era successo. Come si sarebbe sentita? Non volevo che facesse pensieri del genere, ma, di certo, non potevo impedirlo. Stavolta le cose erano del tutto diverse… perché, perché pensare al passato?
    Tutto questo, per fortuna, rimaneva solamente nella mia testa. Paure, le mie, assolutamente incondivisibili. Non mi restava che sperare… non sarebbe successo nulla di che. Alexis non si sarebbe sentita minacciata, non da lei, almeno. E stessa cosa valeva per me. Dunque, eccomi lì, intento a cercare di farla stare tranquilla. Fu allora che, inaspettatamente, saltò fuori. Nelle nostre teste aleggiavano i due tabù, senza che nessuno tentasse, né, soprattutto, volesse esprimerli. Ed invece… nascosi il mio stupore, o almeno, ci provai. Lionel. Alexis, quasi ridendo, aveva parlato di suo padre. Me ne rallegrai, per certi versi. Che fossimo sulla buona strada per superare il divieto su quell’argomento? Oh, la cosa mi avrebbe riempito di gioia! Ovviamente, però, per quanto cercassi di mantenere un fare neutro, il mio imbarazzo mi tradii. Il viso si fece caldo, segno dell’evidente rossore che doveva essersi dipinto sulle mie guance. Le strinsi appena una mano, semplicemente, privo di parole per esprimere quel guazzabuglio di sensazioni che sentivo dentro. A sua volta, Al lasciò volutamente correre il discorso, rivolgendo lo sguardo verso il finestrino.
    Dopo quella piccola allusione, il viaggio procedette tranquillo, senza che nessuno dei due tornasse su quelle parole. I bambini, tra un pisolino e l’altro, cercarono qualsiasi tipo di distrazione, coinvolgendo anche noi nei loro giochi. Ritrovammo la nostra naturale serenità, ridendo e scherzando per il resto del viaggio. Alla fine, allacciate le cinture di sicurezza, atterrammo senza problemi. Ero a casa. Faceva davvero una sensazione strana… anche solo pensarlo! La mia casa, ora, era un’altra. La mia casa era… dove c’erano loro, Lara, Kiwan e Alexis.
    Al e i bambini si avviarono per il corridoio dell’aereo, pronti per scendere. Recuperai i bagagli a mano che avevamo portato fin sulla cabina, per poi seguirli. I miei sarebbero ci sarebbero venuti a prendere, dal momento che, in ogni caso, non avevamo la macchina. Così, dopo essere passati a ritirare il resto delle valige, ci avviamo per il gate. “Adesso… i miei dovrebbero essere qui da qualche parte. E senza cartelli grandi come una casa!” scherzai ridacchiando, punzecchiandola un po’ per alleggerire la situazione. Ed infatti, poco dopo, riconobbi i capelli assurdamente ricci e chiari di mia madre. “Eccovi, finalmente!” la sentii esclamare, mentre lei e mio padre ci venivano incontro.
    Non sapevo… non sapevo come sentirmi. Eccoci davvero.

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    Alexis S. or M.?||one love, one life||anno 2011 d.C.

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    OhCazzo. Scusate la finezza ma.. ohcazzo davvero. Eravamo lì. Eravamo atterrati ormai e non c'era modo per scappare. Oddio, veramente avrei potuto lasciare Kiwan e Lara e i bagagli a Charlie e mettermi a correre solo come una Speed sa fare. Sarei arrivata in un altro stato nel giro di qualche ora,probabilmente.
    No, non poteva funzionare. non avevo le scarpe adatte, managgia a me. Sebbene fossero comode e fighe, le converse non erano proprio adatte ad una bella corsa: avevano le suole cosi sottili che alla velocità della mia corsa si sarebbero consumate tempo niente. Quindi ripeto, non poteva funzionare. C'era un altra possibilità: potevo chiudermi nei bagni dell'aeroporto, decidere di restare a vivere lì, come Tom Hanks in The Terminal e guardare cosa nei megaschermo la situazione in Crarovia.
    Si, questo poteva decisamente funzionare. Lanciai uno sguardo a Charlie e mi dissi che no, l'avventura alla Tom Hanks poteva aspettare. Magari al prossimo viaggio. Ma adesso basta idiozie, era un momento importante. E si, era proprio questo il punto. Avevo paura, una paura matta. Scappavo sempre da queste situazioni, affrontandole solo una volta sentita pronta. Quando Charlie mi aveva detto che saremmo andati a trovare i suoi mi ero sentita pronta, pronta a fronteggiare la madre che si sentita privata del suo dolce figlio. La suocera è sempre difficile da reggere e da trattare. Io speravo di esserle simpatica come lo ero sempre stata. Ma un tempo ero la ragazza di Charlie, la compagna. Adesso mi sarei presentata come fidanzata e futura moglie. Speravo che reggesse il colpo, povera donna.
    Faticavo ancora a crederci io stessa. Alexis Speed moglie di Charles Monaghan. Assurdo. E Bellissimo. Forse non avevo mai voluto cosi intensamente qualcosa. Ricordavo ancora la proposta, assurda e inaspettata da entrambe le parti. Mi ero chiesta spesso se per Charlie il matrimonio era una cosa davvero sentita, un bisogno, oppure una semplice piega che il nostro rapporto doveva avere, dato che avevamo anche un figlio insieme.
    Forse chissà, se non ci fosse stato Kiwan, non me l'avrebbe mai chiesto e avremmo convissuto a vita come una bella coppia di fatto. Mi sarebbe andata bene, ma forse si, mi sarebbe comunque mancato qualcosa. Mi sorprendevo a voler vedere quell'anello attorno al mio anulare, mi sconvolgevo a voler vedere Charlie vestito come un figurino, io in abito bianco, in una chiesa bellissima, con la sua famiglia ed i nostri amici e i famosi vicini... E i nostri figli. Kiwan.. e Lara che, anche se trattavo come una piccola amica, nel cuore sentivo di esserne "diventata" la madre.
    Sapevo che per lei era cosi, ma allo stesso tempo non poteva abbandonare sia con la mente che con il cuore la sua vera madre che io, sinceramente, non avrei mai capito. Inoltre, speravo non si facesse mai più vedere. Lo so, dovrei volere il bene solo di Lara, ma avevo paura.
    Temevo che se fosse apparsa nelle nostre vite..avrebbe cambiato le cose. Era come una rivale. Una rivale che aveva conosciuto un Charlie diverso probabilmente e che io non avrei mai conosciuto. Mi davano fastidio, a volte, gli amici di Charlie che rimpiangevano i vecchi tempi, parlavano e ridevano di ricordi che io non avevo. Ero gelosa di chiunque avesse dei ricordi di un Charlie che io non avevo conosciuto. In fondo è cosi, quando si ama una persona, scatta il desiderio di averla potuta conoscere fin dall'infanzia, per non perdersi nemmeno un istante della sua vita.
    Sciocco vero? Lui, conoscendolo, avrebbe trovato la cosa semplicemente dolce.
    Battevo il piede contro il pavimento liscio e grigio dell'aeroporto, fulminando con lo sguardo Charlie. Cercava di fare dell'ironia,il simpaticone, ma tanto non era di certo lui quello sotto esame quel giorno. Bravo, bravo, ignorava le mie paure e ci scherzava pure sopra. Guardavo convulsamente a destra e sinistra in cerca dei Monaghan e quando li vidi.. mi raggelai. Feci il sorriso più tirato, teso e falso che potessi fare. Kiwan, che tenevo per mano, mi tirò il braccio facendo un sorrisone enorme, come a dirmi di imitarlo. Quel bambino era un supporto morale incredibile. Feci un bel respiro e -"Salv.."- ma non potei nemmeno finire che i genitori di Charlie ci vennero veloci incontro, investendoci di domande, domande e domande. Okay, ora capivo meglio da chi avesse preso Charlie sull'apprensività.

    « "L'anima deve essere il nostro specchio solo se ne vale la pena. »
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    Edited by ;steppa yang - 12/10/2011, 21:19
     
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